Ieri pomeriggio alla Libreria Mondadori di Salerno è stato presentato il libro di Vincenzo Benvenuto, “Le dita del comandante” definito, da un neologismo, un “thrillet” colto e pieno di spunti dal simbolismo al Classico
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Alla Libreria Mondadori di Salerno ieri sera è stato presentato il romanzo di Vincenzo Benvenuto, intitolato “Le dita del comandante”, introdotto dalla giornalista Fabiana Amato e con il contributo della prof.ssa Antonella Nigro e dell’avvocato Maurizio Casaburi.
La prima cosa che salta all’occhio è il fatto che questo romanzo, apparentemente, non può essere etichettato in un genere ben preciso: contiene elementi del giallo, del romanzo storico e del thriller. Così, a seguito di un simpatico aneddoto che l’autore ha narrato, è stato coniato un vero e proprio genere a sé: il thrillet.
La trama
La storia è quella di un giornalista, Adriano Pecci, tormentato dal suicidio di suo padre, Norberto Pecci, considerato un po’ un suo alter ego. Un suo collega, Gustavo, dalla Spagna, gli racconterà di un serial killer che, a primo acchito, non c’entra nulla, ma uccide con una modalità particolare: amputa le mani e le dita e dilania il cuore delle sue vittime con un machete. A questo punto comincerà ad imbattersi e risolvere una serie di delitti in giro per il mondo, in una spirale di morte che svelerà, a differenza dei gialli tradizionali, l’assassino ancor prima del termine.
In questo caso la simbologia viene in aiuto: il cuore, già nelle culture antiche, rappresenta l’anima di una persona, e le mani il prolungamento attraverso cui essa si esprime. Ciò è traducibile nella volontà di accanimento di distruggerla.
I riferimenti
Nella storia di Vincenzo Benvenuto sono presenti anche dei riferimenti a Salerno, in particolare all’episodio del 1999 dei quattro tifosi della Salernitana che morirono nel rogo divampato all’interno del vagone di un treno.
Ma non solo: per essere un thrillet è minuzioso nelle descrizioni, “come fosse una fotografia”, presenta un’ampio sfoggio di cultura classica, dall’impeccabile utilizzo della lingua italiana e, soprattutto, di riferimenti ad antichi simbolismi. Uno di questi fa riferimento all’Arte: Adriano verrà colpito da un quadro, che sarà poi la chiave di lettura per risolvere l’enigma, che rappresenta un uccello stilizzato che, con le sue ali, abbraccia il globo terrestre.
L’impiego dei colori è un’altra caratteristica, come il contrasto mai banale fra il bianco e nero (interpretato liberamente come bene e male), o i riferimenti storici come la morte di Che Guevara. Altro elemento importante che è stato sottolineato è una riflessione profonda sulla morte, sul sogno e sulla follia. In particolare di come la morte, in accezione positiva, leghi padre e figlio attraverso un continuo contatto anche dopo la dipartita, attraverso il rito dell’accensione di un lumino.
Il sogno è ancora un altra peculiarità del romanzo: attraverso il simbolismo onirico viene tratteggiato in modo ancora più deciso il rapporto fra i due, in una mescolanza di materiale ed immateriale. Ma questi si trasformano, talvolta, in incubi che sveleranno a mano a mano l’identità dell’omicida.
I personaggi sono l’incarnazione di qualità e difetti degli esseri umani come la gratitudine, l’entusiasmo per la vita, l’amore disinteressato oppure l’egoismo.
Un romanzo che, sicuramente, terrà incollato il lettore ad ogni pagina fino alla fine, ricco di citazioni colte e dalla padronanza di linguaggio che lo impreziosiscono ulteriormente e gli conferiscono un valore aggiunto. [ads2]