21 maggio 2015
Video on Demand e Streaming, da quando la rete è diventata uno strumento per la diffusione di contenuti multimediali, come video e musica, ci si è interrogati sugli effetti che questo avrebbe avuto sull’utenza
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A distanza di alcuni anni, alcuni di questi effetti sono divenuti ampiamente visibili. Uno di questi è la frammentazione dell’audience e del ruolo attivo che questa ha assunto. La moltiplicazione dei media e dei modi di diffusione di prodotti audiovisivi ha portato alla creazione di nicchie di utenti che, soprattutto grazie al mercato del on demand, selezionano attentamente i contenuti di cui usufruire. Questo rappresenta ancora una minoranza dell’audience generale, poiché la maggioranza è ancora legata ai prodotti di grande successo, anche se di minore qualità specifica.
Rimane indubbio, però, che le tecnologie hanno trasformato lo spettatore in un soggetto attivo nel decidere cosa guardare, come e quando. La diffusione dei servizi on demand assieme allo sviluppo dei dispositivi mobili ha abituato l’utenza a poter avere i contenuti in qualunque momento e situazione.
La conseguenza principale è la crescita di un mercato consistente in cui i servizi di Video on Demand sono sempre di più. In Italia vi sono diversi operatori che offrono questo genere di prodotti, da TIM Vision con la sua esclusiva calcio Serie A, passando per SKY OnDemand che completa l’offerta per gli abbonamenti al servizio satellitare, fino a Infinity TV di Mediaset che offre molti film in streaming tra cui una fornita lista per gli amanti dell’horror.
Si tratta, in Italia come nel resto d’Europa, di realtà limitate a contesti nazionali. Questo ne limita fortemente lo sviluppo e ha lasciato il campo libero a servizi web con sede negli Stati Uniti che stanno lentamente imponendosi anche sul mercato del vecchio continente. Si stima che soprattutto aziende come Apple, Youtube, Netflix e Amazon possano velocemente acquisire una posizione dominante in Europa.
La tendenza dei competitor europei a perdere terreno si percepisce da anni. Tra il 2009 e il 2013, i primi 50 fornitori di servizi televisivi hanno incrementato il loro fatturato da 361,5 a 425 miliardi di dollari. Nello stesso intervallo di tempo, gli operatori europei hanno perso quote di mercato passando dal 20,7% al 15,4%. Le ragioni sono da vedersi soprattutto nelle forte limitazioni al mercato europeo dovuto alla conflittualità tra norme nazionali, vincoli imposti dalle diverse leggi sul copyright e dai limiti nella fruizione transfrontaliera di contenuti e servizi creati dagli operatori stessi, ad esempio tramite la geolocalizzazione e il blocco dei servizi in certe aree.
Si stima che il 56 % degli europei utilizzi internet a scopo culturale usufruendo di prodotti ricreativi digitali, con una spesa media che si attesta sul 12% della spesa generale. A fronte di dati interessanti come questi, tuttavia, solo il 4% dei contenuti è fruibile attraverso paesi diversi.
Per mettere fine a queste limitazioni sul mercato e aprire la possibilità ad uno sviluppo ampio del business dei servizi digitali, la Commissione Europea, presieduta da Jean Claude Juncker, ha presentato un piano per uniformare le normative sui mercati digitali e creare un quadro comune di riferimento che possa favorire lo sviluppo di un mercato unico digitale. Le norme previste intendono soprattutto andare ad agevolare il commercio elettronico transfrontaliero armonizzando le norme in materia di contratti e tutela dei consumatori.
Sono previste anche riforme consistenti alle normative sul diritto d’autore, per arrivare ad un quadro europeo di riferimento comune e permettere la portabilità dei contenuti da un paese all’altro. Questa verrà agevolata anche attraverso la proibizione dei blocchi geografici nella fruizione dei servizi. Queste politiche, infatti, al momento fanno si che cittadini dell’Unione Europea paghino lo stesso servizio in modo diverso a seconda del paese in cui si trovano al momento in cui effettuano un acquisto.
Sono previsti anche interventi per quanto riguarda le normative sull’IVA e il regime fiscale da applicare sugli e-commerce. Lo scopo della Commissione Europea è andare a promuovere una maggiore armonizzazione nello sviluppo di un mercato che risulta ancora fortemente nazionalizzato e che, in un quadro di mercato aperto europeo, potrebbe portare vantaggi quantificabili fino a 425 miliardi l’anno in più di fatturati per nuove e vecchie imprese digitali.
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