Il convegno spettacolo tenutosi all’Università di Salerno intitolato V come…ha voluto dare un nuovo nome alla violenza di genere
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V come… è il convegno spettacolo che questa mattina, all’Università di Salerno, ha aperto le porte non soltanto a studenti universitari, ma anche a quelli delle scuole superiori. Presenti infatti l’ ISIS Fortunato di Angri, il Liceo Artistico Sabatini-Menna di Salerno, e l’ IPSAR di Pagani.
Al centro della discussione invece, due rappresentanti dell’ OGEPO, la dottoressa Grazia Moffa e Giovanna Truda, docenti di Sociologia del Lavoro e di Sociologia del Diritto, l’avvocato Flavio Monteleone, la dottoressa Vera Cuzzocrea, e la dottoressa Montella.
V come… è stato un interessante simposio che ha avuto come argomento principale la violenza, declinata in qualunque sua forma, ma con particolare riguardo alla violenza di genere e, ancora più nello specifico, quella sulle donne.
L’impatto è stato sicuramente potente, perché appese all’entrata del teatro, le foto di alcune delle tante donne uccise nel corso di quest’anno, sospese nel vuoto, come lo sono ormai le loro vite. Sul retro, trascritte le motivazioni più impensabili ed assurde: compagno geloso, lui non accettava il divorzio, senza alcun apparente motivo, uccisa dal padre perché lesbica.
Il titolo ha i puntini sospensivi perché, come spiegato inizialmente, si vuole partire da un’accezione negativa, per arrivare a tante, tante altre che descrivono un percorso, una lotta, per trasformarsi in qualcosa di positivo.
V come volontà di superare o prevenire ogni qualsivoglia declinazione di violenza, ormai affidata ai giovani, affinché “si speri in un maggiore rispetto della donna”, coma ha spiegato la dottoressa Moffa.
La società, con i suoi valori errati come il materialismo, la incentivano e, secondo l’avvocato Leone, la rendono poliedrica, ossia ricercabile in diversi aspetti e da diverse origini. “Il problema” sostiene, parafrasando Gaber, “non è la scelta della donna, ma la posizione della società rispetto ad essa”.
V come valori, in quanto è costituente della società, nella “cultura del più forte” e c’è una responsabilità anche in chi assiste. che deve sviluppare un pensiero critico e comprenderne la gravità. Violenza significa anche una chiusura verso “l’altro da sé”, che in fondo avviene perché si ha paura. Bisogna dunque “cambiare modalità d’approccio”.
Chi mette in atto la violenza, in fondo, perpetra “una forma di arroganza”, che si manifesta “con una risposta spesso fisica”, come accade per le donne. Le donne, appunto, con a loro emancipazione, hanno messo in difficoltà gli uomini, sfidando il secolare assetto maschilista che le voleva sottomesse in ogni ambito, e per questo si sono sentiti minacciati.
Legalmente uno dei reati più frequentemente riconosciuti è stato quello di stalking, ma intorno al fulcro della violenza di genere gravitano diversi altri fattori come la violazione dei diritti umani e la (in)certezza della pena, a causa di una vacanza di poteri giudiziari in tal senso.
Le donne, che si rivolgono ai centri antiviolenza, non intendono denunciare per diversi motivi legati ai contesti socio-culturali e al ruolo, che spesso si rassegnano a svolgere.
Altra forma meno conosciuta di violenza è quella della donna verso l’uomo, più mascherata perché non ha una risonanza tale da scuotere l’opinione pubblica.
Secondo la dottoressa Montella “mancano progettualità e soggetti per il riconoscimento del reato di abuso e maltrattamento”, che è messo in atto non tanto nell’ambiente esterno, da sconosciuti, ma in maniera insospettabile in famiglia. Infatti è dimostrato che il fenomeno attraversa ogni ceto sociale, condizione economica, e famiglie apparentemente normali.
V come i visi di tutte quelle donne che mi guardavano all’entrata del teatro, verso le quali ho provato un magone enorme, V come verità, che deve assolutamente venire alla luce, V come valore del corpo della donna, della sua libertà, del suo modo di essere, dei suoi limiti, delle sue capacità, della sua forza.
Una lettera ed una parola come Violenza non bastano, e non devono definire una donna.
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