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Unione Europea, stabilizzazione, spot e allargamento

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Unione Europea, stabilizzazione, spot e allargamento

Gli spot pubblicitari italiani, l’allargamento all’Ucraina e le nuove politiche dell’Unione Europea

[ads2]Nel 1941, Altiero Spinelli insieme ad altri antifascisti scriveva il ‘Manifesto di Ventotene’ nell’omonima isola. Un’opera che, anche se all’epoca sembrava un’utopia, era destinata a gettare le fondamenta di un’Europa libera e unita, quindi pacifista, come ricorda oggi uno spot pubblicitario filtrato sulla rete nazionale italiana. E, oggi, assistiamo all’ennesima giornata storica per l’Unione degli Stati membri: è infatti ripreso il trattato di adesione dell’Ucraina, dopo la sospensione del 21 novembre 2013 ad opera del Governo filorusso di Kiev. E’ stato infatti firmato l’Accordo di associazione fra l’Unione Europea e l’Ucraina che, in sintesi, è volto a intrattenere rapporti commerciali e politici più stretti e a dare un arco di tempo necessario allo Stato aderente per poter conformare l’ordinamento interno al diritto dell’Unione, specialmente per quanto riguarda la stabilità di governo, il rispetto dei diritti umani e degli impegni economici nonché di tutti gli altri obblighi connessi. Ciò avviene proprio in un momento di particolare vulnerabilità per l’U.E., principalmente a causa della crisi economica dell’Eurozona nonché a causa di quella che sembra sconfinare sull’orlo di quella che molti non esitano a definire come una Nuova Guerra Fredda fra USA e Russia.

Gli spot pubblicitari, in effetti, vengono lanciati per rasserenare gli animi e cercare di riprendere da dove il processo d’integrazione è stato interrotto e, cioè, forse proprio dopo il più imponente traguardo raggiunto con l’allargamento del 2004 che ha visto l’adesione di Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria, seguito poi da Bulgaria e Romania nel 2007 e Croazia nel 2013. Siamo così arrivati a 28, da soli 6 Stati fondatori, quali: Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi, tanto per rinfrescare un po’ la memoria. Un eccezionale risultato dovuto, fra l’altro, alla politica d’integrazione inseguita a profusione dalle Istituzioni europee.

Spot pubblicitari, dicevo, che si sono anteposti a quel progetto di ‘Costituzione Europea’ mai firmato da tutti gli Stati a causamanifesto ventotene - copertina dell’intempestività del suo avvento. Un’intempestività dovuta appunto al deficit d’integrazione fra gli Stati membri, laddove la Costituzione europea tendeva a formalizzare i principi e le tradizioni comuni agli Stati nel patrimonio costituzionale dell’Unione. Un concetto altamente condivisibile che, nonostante tutto, non è stato promulgato o che comunque nella sostanza non è ancora stato iniettato per endovena negli animi dei popoli europei. A tal proposito, preoccupa non poco la recrudescenza delle “orde” di estrema destra che vogliono, almeno a parole, politiche meno restrittive e più liberali ma che certamente spaventano. Ed è giustappunto questo, l’euroscetticismo, che intendono combattere gli spot pubblicitari mediante quella che sembra rappresentare l’ultima spiaggia per riuscire a continuare questo processo di commistione di valori, idee e tradizioni degli Stati. Un modo che, forse, risulta più efficace di qualsiasi politica Erasmus o di riforma giuridica delle legislazioni nazionali e della loro armonizzazione ovvero sia dell’omogeneizzazione fra le leggi dei singoli Stati. Politiche che, in sintesi, hanno incorporato attività sostanziali indimenticabili per il corso dell’evoluzione politica e umana dell’Europa ma che, ora, sembrano dimenticate dovendo ricorrere ad una manipolazione mentale da mass-media per riuscire a far breccia nella gente e a non far dimenticare la Ia e la IIa Guerra Mondiale nonché la Guerra dei Balcani, l’ultima guerra prima della battaglia civile e militare ucraina in Eurasia.

Eromaiden - Europiazza - proteste in piazza indipendenza a Kiev
Eromaiden (Europiazza): proteste in piazza Indipendenza a Kiev

L’assenso alla ripresa del lungo percorso per l’adesione dell’Ucraina all’Unione Europea, in ogni caso, segna oggi un passo importante. Lo Stato dove si combatte per stabilizzare l’assetto geopolitico e culturale dello stesso è anche il Paese che guarda all’esterno dei propri confini, almeno grazie ai filoeuropeisti. I violenti scontri dell’Euromaidan (Europiazza) a Kiev, dalla fine di novembre 2013, ne sono la prova perché hanno rappresentato forse il più grande raduno europeista avvenuto nella storia: quasi un milione di persone ma, purtroppo, a causa del disaccordo dei recalcitranti filorussi non è ancora finita.

Al di qua della barricata, in occasione dell’inizio della campagna elettorale per le nuove elezioni del Presidente della Commissione europea dello scorso luglio, Martin Schulz ha dichiarato di voler porre più attenzione alle famiglie e ai lavoratori esprimendo il proprio intento a voler attuare politiche economiche dirette alla loro tutela. Pochi mesi dopo, e finalmente, il Presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, si conforma a questo impegno annunciando di voler acquistare da ottobre prossimo gli A.b.s.: acronimo difficile da dimenticare ma che connota i pacchetti di prestiti erogati dalle banche nazionali alle famiglie dell’Eurozona. In tal modo, dovrebbe davvero porsi un freno se non altro alle politiche di restrizione messe in atto dalla stessa U.E. e volute da un rinnovato “asse franco- tedesco” che sembra ora mantenuto solo dalla Germania. Così facendo, la Bce presterebbe la propria garanzia a questi fondi e, se verrà mantenuta questa promessa, la politica bancaria e quindi il destino finanziario dei cittadini europei passeranno per buona parte nelle mani di questo colosso. Un freno, come predetto, perché appunto la soluzione sta, e lo dice lo stesso Draghi, non tanto nelle misure finanziarie adottabili dall’Unione Europea o dalla B.C.E., ma nelle politiche economiche di mercato e di riforma dell’assetto commerciale e transnazionale dei singoli Stati. E vedremo allora se avranno ragione Draghi e Schulz e tutti gli altri europeisti convinti che i problemi si annidino all’interno degli Stati membri oppure se verrà chiarito che l’empasse dipende da una globale crisi economica in parte determinata dalla restrizione dell’U.E e, al tempo stesso, dalla quantità di sprechi di alcuni Stati membri fra i quali figura proprio l’Italia che, come noto, ha trascurato d’investire milioni e milioni di fondi europei oppure li ha mal impiegati.

I federalisti europei, parto di quel pensiero politico di Spinelli, Monnet ed altri, oltre alla Costituzione europea, alla politica estera unica e comune e all’elezione diretta dei rappresentanti europei, per parte loro anelano la Federazione mondiale e, dunque, se è vero com’è vero che da un progetto utopistico come l’Unione Europea (prima C.E.C.A. poi C.E.E. ecc. ecc.) si è giunti a ben 28 Stati che aderiscono al Trattato di Lisbona (che modifica l’ultimo Trattato sull’Unione Europea), allora sarà vero che, immaginifica ma pur sempre possibile, potrà essere l’unione di tutti o quasi tutti i popoli della Terra fra cento, duecento anni o chissà.

Del resto il motto dell’U.E. è “uniti nella diversità” e per raggiungere un’unione non è necessaria una guerra di secessione. E, infatti, proprio il monito di pace di Jean Monnet, uno dei padri fondatori, non a caso ripetuto in uno delle decine di spot pubblicitari che vanno ora in onda, recita: “Sempre meglio combattere intorno a un tavolo che su di un campo di battaglia”, come invece ahìnoi sta avvenendo fra Israele e Palestina, in Ucraina, Siria, Iraq, Libia, nella Repubblica Centrafricana, e senza contare le decine e decine di mura fatte di vera pietra, di discriminazione o di omertà, che ancora dividono i popoli. Tutti Paesi dove, in conclusione, non esiste ancora una guida verso una condivisione, un’integrazione multiculturale e un rispetto delle minoranze come in Europa.

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