“Un servo per due”, il nuovo spettacolo di Favino, è andato in scena ieri al Teatro Verdi di Salerno con largo consenso di pubblico
Ieri Pierfrancesco Favino ha fatto tappa a Salerno in occasione della rassegna “Giù la maschera”, promossa dal TPC e dall’Associazione Amici del Teatro Verdi.
Con un cast di 14 attori (Bruno armando, Gianluca Bazzoli, Ugo Dighero, Anna Ferzetti, Giampiero Judica, Marit Nissen, Diego Ribon, Eleonora Russo, Fabrizia Sacchi, Luciano Scarpa, Thomas Trabacchi, Roberto Zibetti), 4 musicisti (“Musica da ripostiglio”) e la regia di Favino e Paolo Sassanelli, “Un servo per due” – rivisitazione dell’opera goldoniana in chiave anni ’30 – ha riscosso un incredibile successo.
Pierfrancesco Favino è diventato famoso grazie alle fiction Amico mio, Romanzo criminale, Gino Bartali – L’intramontabile e Il generale Della Rovere ma ha ricoperto ruoli importanti anche sul grande schermo con Una notte al museo (insieme a Ben Stiller), Le cronache di Narnia – il principe Caspian, Angeli e demoni (con Tom Hanks), Rush (nella parte di Clay Regazzoni) e World War Z (con Brad Pitt). Ha vinto due David di Donatello (2006 – 2012), il Globo d’oro 2012, due Ciak d’Oro (2005 – 2012), tre volte il Nastro d’argento (con Romanzo Criminale e ACAB – All Cops Are Bastards) nonché il Martini Premiere Award del 2008 con il Premio The Most Beautiful Hollywood Face.
Un curriculum artistico assolutamente invidiabile, ma che nulla toglie all’umanità e alla profondità della sua interpretazione. “Gli anni ’30 sono una fucina d’idee da riscoprire. In questo spettacolo tutti si fingono essere sempre qualcun altro, ma nella realtà, quando scende dal palcoscenico, ogni attore porta sempre con sé una sorta di maschera neutra priva d’espressione che, anziché coprire, svela ancor più la natura del proprio essere e la rivela anche a se stesso”. Per Favino il teatro, rispetto al cinema, provoca “una nostalgia che crea dipendenza, e che può generare una specie di maledizione o una lieve prostituzione dell’anima, anche lontano dai riflettori”.
Anche il suo spettacolo vuol far riflettere su temi importanti, ma in modo leggero – lasciando ampio spazio alla musica dell’epoca e all’interpretazione femminile. “Sulla scena la vicenda si sviluppa solo grazie all’intervento delle donne: donne che si fingono uomini, o che usano astuzie per non essere costrette a sposarsi. All’epoca della Grande Guerra c’era il culto della donna androgina, alla Marlene Dietrich“.
Ieri, la Società Dante Alighieri di Salerno – nella persona della Presidentessa Pina Basile – ha premiato Favino con un riconoscimento, offrendogli una parola di matrice dantesca “adottata” per lui dalle scolaresche presenti: aguto (ovvero “appuntito”, “acuminato”, come l’intuizione del bravissimo attore e doppiatore). Nell’occasione, Pierfrancesco Favino ha ricordato che “mia madre è di Candela, mio padre di Foggia, quindi lo spettacolo ad Avellino sarà per me come un ritorno al passato”, e ha concluso con una considerazione particolarmente toccante: “Ma in fondo… noi attori, cosa vogliamo fare? Fregare la morte? Andare in scena è come provare a replicare la vita, pur consapevoli dell’impossibilità di riuscirci”.
Dopo l’apprezzatissima tappa salernitana, “Un servo per due” sbarcherà anche in Piemonte e a Trieste, alternando il cast con altri 7 attori a partire dal 22 dicembre, mentre la rassegna “Giù la maschera” proseguirà venerdì prossimo al Teatro Verdi – ore 18.30 – con la “Medea” di Maria Paiato e nuove emozioni sceniche da non perdere.