“Mi domando se le stelle sono illuminate perché un giorno ognuno possa trovare la sua”. I sogni di due bambini di Gaza
[ads2]Era sera, quando Nadira recitò ad alta voce questa frase dopo un lungo silenzio.
Nadira era la mia migliore amica, si può dire l’unica a quel tempo.
Quella sera passeggiavamo tra le strade della nostra città, oramai ridotta in macerie e brandelli, sotto cui giacevano inermi tutti i ricordi dei nostri 14 anni a Gaza.
Le chiesi da dove venisse quella frase e mi rispose che le aveva pronunciate un piccolo Principe francese, costretto in esilio in una terra straniera, lontano da casa.
Pensai a quanto fossero fortunati in Europa, noi non abbiamo dei Principi così saggi e nemmeno più le stelle.
Ci sedemmo su un cumulo di polvere.
Alzando lo sguardo, non vedevamo che un cielo rosso e nero, senza più luci, senza più stelle nella notte, sparite come se fossero cadute tutte oltre la striscia di Gaza.
Fu inevitabile chiedersi se non avere più stelle, per noi Palestinesi equivalesse a non avere più una casa.
Quella fu l’ultima volta che parlai con la mia migliore amica, avrei voluto che la nostra ultima chiacchierata fosse una normale chiacchierata tra bambini e invece fu una lunga confessione di paure e dolore.
Il giorno dopo io e mio padre venimmo catturati e rinchiusi nelle carceri israeliane insieme ad altri 6200 prigionieri politici.
Non ricordo il giorno in cui mi catturarono, non ricordo nemmeno per quanto tempo sono rimasto rinchiuso, ma ogni sera a difendermi dalla follia causata dalla solitudine e dai soprusi, era il desiderio di rivedere Nadira con alle spalle un meraviglioso cielo stellato.
Nel settembre del 2014 siamo stati liberati tutti, a distanza di una ventina di anni dalla nostra cattura.
Insieme a me altri 200 bambini sottratti alla propria infanzia.
Siamo stati fatti prigionieri in un clima di tensione e ne siamo usciti in un apparente periodo di speranza. Dicono che lo stato Palestinese è stato riconosciuto da molti paesi europei e che Israele desidera un accordo da entrambi i fronti. Tutto questo, però, Nadira non lo vedrà.
Appena tornato a casa mia madre mi diede la notizia: ‘una bomba’ disse.
Quel giorno stesso tornai sul luogo in cui ci salutammo l’ultima volta e chissà perché sperai di vedere un cielo diverso.
In effetti non era più buio come una volta. Ora era una distesa nera soffocata da migliaia di piccole luci, dietro cui si celavano elicotteri, aerei, bombe e missili. Non era di certo questo il cielo illuminato che fantasticavamo da piccoli.
Sedendomi piansi pensando a lei.
Chissà se quella notte, quella in cui se n’è andata, vedendo la bomba cadere, chissà se l’ha scambiata per una stella cadente e ha espresso un desiderio.
Foto: Agenzia stampa Infopal