Sabato 19 gennaio andrà in scena “O di uno o di nessuno” al Teatro Genovesi per raccogliere fondi a sostegno del Festival Nazionale “Teatro XS” di Salerno
Punta sulla forza del testo pirandelliano “O di uno o di nessuno” la Compagnia dell’Eclissi di Salerno per raccogliere fondi a sostegno dell’undicesima edizione del Festival Nazionale “Teatro XS” Città di Salerno. E lo fa andando in scena sabato 19 gennaio, alle ore 21.15, al Teatro Genovesi.
A calcare le tavole di via Sichelgaita saranno Mario De Caro (Tito Morena), Marco De Simone (Carlino Sanni), Marica De Vita (la signora Elvira), Andrea Iannone (il dottore), Gerarda Mariconda (Melina Franco), ed Enzo Tota (l’avvocato Merletti). L’allestimento scenico è di Luca Capogrosso; i costumi e la direzione di scena sono di Angela Guerra. Le musiche di scena, J. L. F. Mendelssohn Bartholdy; la direzione artistica, Felice Avella, l’adattamento e la regia, Marcello Andria.
Riportando all’attenzione un altro testo minore del Novecento, la Compagnia dell’Eclissi propone “O di uno o di nessuno” drasticamente essenzializzata e adattata nei dialoghi. Traducendo per la scena l’omonima novella, pubblicata in versione integrale nel 1925, Pirandello scrisse “O di uno o di nessuno” nella primavera del 1929.
Nel novembre dello stesso anno l’opera fu accolta da notevole favore di pubblico al debutto torinese, con Luigi Almirante e Sergio Tofano nei ruoli di Carlino e Tito, Giuditta Rissone in quello di Melina, il giovane Vittorio De Sica in quello di Merletti. Rare le riprese successive di qualche rilievo, fra le quali si segnala un allestimento diretto da Lamberto Puggelli del 1987. (M. A.)
“È una sfida tutta maschile quella che ingaggiano Carlino Sanni e Tito Morena, amici per la pelle che, dopo aver condiviso, a lungo e in perfetto accordo, l’amore della giovane Melina, si trovano di fronte all’impossibilità di stabilire chi l’abbia messa incinta – scrive Marcello Andria nelle note di regia – S’incrina il ferreo sodalizio dei due, che, incuranti dei sentimenti e delle materiali esigenze della donna, sulla soglia dell’incerta e disputata paternità denunciano tutta l’immaturità e la fragilità emotiva dettata dal loro egoismo virile. Alla gretta inquietudine dei due amici-rivali si contrappone la nobile dignità di Melina – icona della maternità perenne – che nella completa e disinteressata assunzione di responsabilità, si dimostra capace di sacrificare se stessa per il figlio dato alla luce, riscattando in limine un passato non proprio limpido.
Da quest’inusuale invenzione si dipana un apologo sulla prevaricazione dell’uomo sulla donna, sulla supremazia del ruolo materno su quello paterno, che, al netto delle profonde trasformazioni dell’assetto sociale, evidenzia ancora un profilo di attualità; sembra, anzi, affiorare con rafforzata evidenza dalla datata pagina pirandelliana. È l’ennesimo, insolito caso prodotto dall’imprevedibilità della natura umana – contraddittoria e senza un ordine apparente – che il drammaturgo siciliano indaga sotto la lente impietosa della sua acuta dialettica, mettendo a nudo il fondo oscuro e misero dell’esistenza”.