L’architetto Benedetta Tagliabue è ospite della seconda giornata del Festival Internazionale del GATE Salerno
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Protagonista indiscussa della seconda giornata del Festival dell’Architettura GATE Salerno, è stata Benedetta Tagliabue, architetto italiano di fama mondiale.
Il tema della seconda conferenza del Festival, anticipato dall’intervento d’eccezione da parte del Sindaco di Salerno Vincenzo De Luca, è stato il difficile rapporto tra conservazione storica e trasformazione urbana di una città.
Un tema particolarmente sentito al giorno d’oggi, che vede contrapporsi, in particolare in Italia, due diverse realtà: da una parte l’abbandono totale di opere simbolo del patrimonio artistico-culturale italiano e dall’altra parte, la difficoltà di riuscire a trasformare a livello urbanistico una città, creando opere architettoniche figlie della modernità.
“C’è un tema che ci ha tormentato in questi anni in Italia– ha spiegato il Sindaco Vincenzo De Luca – ed è il tema del rapporto tra conservazione e trasformazione. Credo che tutti quanti che si interessano di trasformazione urbana, se hanno modo di visitare altre realtà nel mondo, vedono il difficile sforzo del nostro paese nel produrre grandi Architetture.“
“Ieri siamo stati a Napoli,– ha continuato il Sindaco De Luca– in uno dei vicoli del centro storico,in una chiesa del ‘500. Un giardino splendido, una fontana Vanvitelliana al centro, una grande opera storica lasciata in un vicolo abbandonato. Siamo usciti da quel palazzo e abbiamo avuto la sensazione di vivere in un paese in agonia. Mi è sembrata la metafora del nostro paese.”
Il lavoro di progettista di Benedetta Tagliabue, si basa essenzialmente su questo difficile binomio: lasciare un segno architettonico che sia anche testimonianza del rispetto e del rapporto con la cultura del luogo. Fare Architettura non vuol dire, infatti, solo costruire ingenti opere monumentali, ma apprezzarne la costante presenza nella quotidianità, vuol dire frequentarla, capirla e conoscerla. “L’aspetto più importante dell’Architettura– ha spiegato la Tagliabue –è mantenerla viva. Questo vuol dire sia averne rispetto che darne continuità. Questo sforzo deve avvenire sia da parte degli architetti che da parte dei cittadini, bisogna continuare a usare le strutture che ci circondano.”
Illustrando i numerosi progetti portati avanti negli anni, come il Padiglione spagnolo all’expo 2010 in Cina, il centro direzionale di Napoli, l’università Fudan in Cina, l’expo di Astana 2017, emerge l’idea dell’innovazione, della modernità, strettamente connessa alla tradizione del luogo e al riuso della storia. Semplici cesti di vimini che diventano imponenti coperture, artigiani che da umili costruttori diventano protagonisti di una trasformazione urbana, la geografia di un paesaggio che diventa pavimentazione e rivestimento, tutto questo e molto altro è il lavoro dello studio EMBT-Enric Miralles-Benedetta Tagliabue.
Al termine della conferenza siamo riusciti a strappare un commento più dettagliato all’architetto Benedetta Tagliabue.
Il filo rosso del Festival è la sostenibilità, termine discusso e controverso, cosa ci può dire al riguardo?
A me non piace usare il termine “sostenibilità”. È un termine ambiguo che a lungo andare perde di significato. Nei nostri porgetti c’è sempre stata una grande attenzione verso i materiali e le tecnologie, ad esempio abbiamo usato molto il legno. Non è solo questo però, la sostenibilità non è solo materiale e tecnica, ma anche saper unire l’architettura al luogo e alle persone.
Cosa ne pensa delle opere in cantiere nella città di Salerno? Un progetto come il Crescent avrà un futuro secondo lei o può considerarsi un’aggressione al territorio?
Io credo innanzitutto che l’idea di progetto sia molto bella. Avere una grande architettura sul mare è splendido, significa saper esaltare il territorio e la geografia tracciando un segno imponente architettonico. Poi le opinioni sulla bellezza delle facciate, sulla vivibilità, sarà qualcosa che lo scoprirete una volta che il progetto sarà ultimato.
Per quanto riguarda invece il grande problema dell’Italia, ossia l’egemonia delle Sovrintendenze, cosa ne pensa?
Il rischio che si corre è di rendere una città inutilizzata, abbiamo paura di usare le nostre strutture storiche o moderne che siano. Questo è un pò il rischio che abbiamo molte volte con le Sovrintendenze e con la paura della storia. Come se la storia si trattasse di qualche cosa di esterno alla nostra vita. Gli uomini che nel corso della storia hanno realizzato delle opere, erano anche quelli che le usavano.