1° appuntamento con “Suoni dal Castello”, iniziativa culturale curata dall’Associazione Zefiro di Camerota. Si parte con Pasquale Bardaro quintet – Jazz Concert, che propone una vasto repertorio tra lirica e cinema italiano accompagnato da musicisti del San Carlo
SUONI DAL CASTELLO – Comincia la nuova esperienza culturale pensata e organizzata dalla giovane e impegnata Associazione Zefiro, nella seconda edizione di “Camerota Festival“. Il castello marchesale di Camerota apre finalmente i cancelli per ospitare un evento di rara bellezza. Immersi nella storia, in un luogo spesso poco fruito per le zone riconosciute pericolose, si avvera uno dei sogni dei giovani camerotani, come riscoprire e sfruttare le risorse del territorio, dando poi alla musica il ruolo di collante tra la tradizione e l’arte. Un evento artistico a tutto tondo, straordinario e suggestivo per l’idea che c’è alla base; fare del paesaggio e del proprio passato il contorno ideale per un concerto musicale. In questo modo musica e storia camminano insieme e, a Camerota, sono due dimensioni fortemente ancorate nei cuori della comunità.
L’evento parte con il camerotano Pasquale Bardaro, musicista presso il teatro San Carlo di Napoli, insieme ad Alessandro Modesti (tromba) e Giovanni Giuliano (contrabbasso); a completare il quintetto ci sono Corrado Marciano (batteria) e Sabrina Consoli (flauto). Pasquale Bardaro è la presenza musicale che chiama in causa tutti gli altri. Si sposta tra il vibrafono e il pianoforte, entra in simbiosi con lo strumento, dialoga con gli altri componenti, “dirige” attraverso sguardi e sorrisi l’improvvisazione tipicamente jazz.
Il concerto parte con uno dei brani più suggestivi e noti del cinema italiano, il tema tratto da “Nuovo cinema paradiso” di Ennio Morricone, film di Giuseppe Tornatore. Si passa poi all’omaggio alla lirica italiana, che come lo stesso Pasquale racconta, appartiene alla sua infanzia, quando fin da piccolo è stato sempre membro della banda di Camerota. Brani come “La donna è mobile” tratto dal Rigoletto di Giuseppe Verdi, “Mi chiamano Mimì” dalla Bohème di Giacomo Puccini. La seconda parte del concerto va verso Gioacchino Rossini con brani tratti da La cenerentola e Il barbiere di Siviglia e poi di nuovo Puccini con “Lucevan le stelle” tratto da La Tosca, brano in cui emerge la tromba, prendendo quasi il sopravvento sugli altri strumenti. Inaspettatamente sale sul palco la giovane Eliana Toriello che interpreta “Imagine” accompagnata dal quintetto. Una voce bella, pulita, in perfetta sintonia con la musica e con l’atmosfera tranquilla e magica del castello.
Il quintetto saluta con un altro brano della tradizione musicale del cinema italiano d’autore, scegliendo di farlo utilizzando, forse inconsciamente, la metafora dello stesso Federico Fellini in 8 e 1/2, il quale nella sua totale crisi di identità (e quindi anche artistica), conclude uno dei suoi capolavori più controversi con una marcetta circense in cui vede/immagina sfilare tutte le persone della sua vita, dando così forma, finalmente, al suo film lasciandosi ispirare dal suo ricordo. Nino Rota, profondamente legato alla tradizione musicale popolare, e fortemente influenzato dalla musica sinfonica italiana, compone uno dei motivetti che ha lasciato il segno estetico nella cultura italiana, immortalando quell’immagine e quel significato, tutto felliniano, di pensare all’arte e al rapporto arte e vita.
Prende forma il motivetto tra i componenti del quintetto, ma viene continuamente rielaborato dall’arte dell’improvvisazione. In questo modo il tema successivo, che lo spettatore attende (sia se si conosce il brano sia per una “logica” narrazione musicale), viene rimandato di volta in volta, bloccato e poi riproposto attraverso variazioni e ritmi diversi. E’ come vivere un catartico momento di frustrazione psicologica ed emotiva, perché ci si attende qualcosa che verrà negata fino alla fine. Questo atteggiamento è presente durante tutta l’esibizione, elevando quella che per Pasquale Bardaro e i suoi compagni è la natura del jazz, che si basa su: digressioni, variazioni, commistioni, richiami e improvvisazione. Tutti i brani sono infatti personalizzati, così interiorizzati, da portare poi i cinque musicisti ad instaurare un rapporto umano e corporeo con lo strumento musicale; Bardaro trasforma addirittura un soffio in elemento sonoro.
La musica dunque, è il linguaggio universale, ma Pasquale Bardaro quintet hanno dimostrato quanto sia possibile provocare un tema musicale, fino a stravolgerlo completamente, creando delle variazioni come se fossero temi nuovi, e poi ritornare all’origine, decidere, autonomamente, quando chiudere l’esecuzione. Questa “libertà” all’interno della rigorosa tecnica musicale è sintomo di artisticità, ma anche di una conoscenza della musica che va dentro e oltre il testo della partitura, un’operazione metalinguistica dunque. Il discorso sul mezzo di espressione, delle sue potenzialità e suggestioni, è in sostanza il messaggio felliniano in 8 e 1/2, che saluta lo spettatore con la marcetta circense di Rota, e potrebbe essere lo stesso, se non simile, del quintetto animato da Pasquale Bardaro.
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Il presidente dell’Associazione, Giuseppe Marotta, e il sindaco di Camerota, Antonio Romano, salutano i numerosi spettatori emozionati e arricchiti da una serata di arte, viva.
Prossimo appuntamento con “Suoni dal Castello” domenica 27 luglio, in compagnia del Trio Dorico e Clarinetto.