Calvanico, è un luogo antichissimo: lo riportano anche alcuni documenti della Badia di Cava che nell’anno 2011 ha celebrato il primo millennio dalla sua fondazione ad opera del nobile salernitano Alferio.
Un documento, datato 1032, ripreso dal Codice Diplomatico della Badia (n. DCCCXLIII) riporta l’atto notarile in cui si fa memoria di un certo “benedictu de calbanicu”, figlio di “Rodenandi” e del castagneto situato a Calvanico nel luogo denominato “ad cupula”, oggi non identificabile.
Il castagneto oggetto di questo atto è di estremo interesse perché era di proprietà diretta del principe longobardo indicato nel documento stesso come “gloriosa potestas”: si tratta di Guaimaro IV che lo detiene in proprietà con i fratelli Guido e Pandolfo. È la classica dimostrazione come non essendoci al Sud uno Stato centralizzato come al Nord, dove il potere impersonato dal re o dai principi era proprietario di tutto, ogni principe doveva crearsi una personale proprietà, beni solo suoi, ovvero quelli che poi saranno chiamati beni burgensatici.
L’atto, quindi, mette in evidenza l’importanza che Calvanico assumeva nel periodo medievale proprio per la presenza di proprietà dirette del Principe longobardo.
Nell’atto in questione un tale Visiniano, “sculdascio” (cioè curatore delle proprietà del principe), mette in evidenza come venga raccolto il frutto dei castagneti, i miglioramenti studiati e apportati per la continuità del buon raccolto e, infine, il modo in cui venivano conservate le castagne:
“Et totum illut cultemus et studiemus et laboremus omnes annos, sicut meruerit, et salbum illut faciamus, sicut bonum paread laboratum et cultatum et salbum, ut proficiad et non disperead, et omnes annos apto tempore castanee ipse que ibi fuerint, colligamus et colligere faciamus et seckemus ad domus nostras in ipso locum, ubi nos habitamus, et faciamus scire apto tempore omnes annos, quando meruerit, ordinatum de pars ipsius gloriose potestatis et de ipsi fratres sui, ut ibi veniad aut dirigad missum, et nos castanee ipse secke dividamus in tres partes: inclita tertiam partem de ipse castanee demus omnes annos ad ordinatum ipsum, vel ad eius missum qui ibi veniet, et due partis inde nobis habeamus. Et per iussionem ipsius supradicte gloriose potestatis guadia mihi ipse visianus dedit, et mediatorem mihi posuit alderisi notarius filius quondam alderissi qui musandus vocabit”;
“E qui tutto coltiveremo e studieremo e lavoreremo tutti gli anni, così come sarà utile, e qui lo manterremo integro, così apparirà buono e lavorato e coltivato e integro, affinché progredisca e non vada perduto; e tutti gli anni, nel giusto tempo le stesse castagne che vi saranno, le raccoglieremo e faremo raccogliere e seccare a casa nostra in quello stesso luogo dove abitiamo, e avvisiamo ogni anno nel tempo adatto,quando sarà opportuno, come ordinato da parte della stessa gloriosa sovranità e dagli stessi suoi fratelli, quando qui verrà o sarà inviato un suo messaggero, e le nostre stesse castagne secche saranno divise in tre parti: la prima e giusta parte di queste stesse castagne la daremo tutti gli anni come ordinato da quello stesso, o al suo messaggero che qui verrà, e quindi due parti le avremo noi. E per questo stesso diritto della sopraddetta gloriosa potestà a me ha dato lo stesso Visiniano sculdascio e come mediatore ho posto il notaio Alderisio figlio di Alderissi chimato “musandus”.
In sostanza il documento analizzato indica che nel periodo longobardo le terre di Calvanico, che ricadevano nel Gastaldato di Rota (Rotense Finibus, l’attuale Mercato San Severino), conobbero un netto miglioramento nella coltivazione del castagno e nella conservazione del frutto. Il termine seccare, infatti, indica una pratica di conservazione in uso ancora oggi: le castagne vengono lasciate per breve tempo all’aria aperta (processo di ventilazione), poi messe in forno a temperatura minima; in questo modo le stesse castagne si possono conservare tranquillamente anche per periodi abbastanza lunghi.
I castagneti di Calvanico, quindi, sono secolari in diversi luoghi come lungo le sponde dei corsi d’acqua e la loro sistemazione risente ancora di quell’ordinamento dato in periodi antichi, senza dimenticare come le castagne hanno sfamato per secoli intere generazioni di uomini, permettendo loro di affrontare periodi pure abbastanza lunghi di malattie endemiche, guerre e carestie.
Dunque le castagne sono state e restano tuttora un prodotto della terra da secoli legato indissolubilmente alla storia di Calvanico, quasi come se facessero parte dell’essenza stessa di questo meraviglioso paese.