Questo è l’anno che ci permette di ricordare i grandi personaggi che hanno fatto del cinema italiano il patrimonio storico-artistico del nostro Paese. Dopo lo speciale su Alberto Sordi (10 anni dalla morte) e Carlo Lizzani, si vuole ricordare ora Anna Magnani per i 40 anni dalla sua morte (9 settembre 1973), attrice di teatro e del cinema italiano che ha lasciato il suo alone con la sua personalità esplosiva e carismatica. La sua breve carriera comincia passando da un night romano ad un altro come cantante, mostrando subito la sua naturale predisposizione al canto. Presto entrerà a far parte della compagnia teatrale diretta da Dario Niccodemi, fino a diventare una delle attrici più richieste dal teatro italiano.
Anna Magnani è stata soprattutto l’attrice del Neorealismo più impegnato. Vera e verace, forte e dalle tante fragilità, combattiva e aspra, irruenta, occupa ogni singolo spazio del palcoscenico e poi dello schermo; dire “Anna” è come dire l’unicità della donna italiana. Non è la Diva per eccellenza, nota per la bellezza e il fascino, ma è la sua espressione che rende sensuale il suo corpo e attraente il suo viso, la sua voce lontana dai canoni femminili, la fa trasgressiva e anticonformista. Una personalità già iscritta nel suo aspetto fisico e nelle sue caratteristiche, che trovano nel cinema il luogo adeguato per esprimersi completamente. Nel 1941 Vittorio De Sica la fa esordire in Teresa Venerdì, in cui interpreta un ruolo più volte sperimentato: la cantante. È una soubrette infastidita dal fatto di essere diretta da qualcun’altro, probabilmente la sua padronanza del palcoscenico è tale da non aver bisogno di ricevere ordini. Già dal primo film è chiaro quanto sia invisibile il limite tra l’arte e la vita; Anna Magnani è ormai nel pieno della carriera teatrale e nel passaggio al cinema interpreta proprio se stessa.
In Campo de’ fiori (1943) affianca Aldo Fabrizi al mercato. Lui vende il pesce e lei la frutta, il contesto è la povertà. Si può definire uno dei film che anticipa il Neorealismo, e Anna Magnani è perfetta nel ruolo di una piccola donna con le borse sotto gli occhi, segni che manifestano il suo malessere in maniera empatica. Forse il fatto che sia cresciuta con la nonna in condizioni di povertà, la portano ad essere molto vicina ai personaggi emarginati, alle vittime della Guerra e al popolo.
I tre film in cui si modella sempre meglio la forza espressiva della Magnani sono Roma città aperta (Roberto Rossellini, 1945), Bellissima (Luchino Visconti, 1951) e Mamma Roma (Pier Paolo Pasolini, 1962) ed è significativo che si tratti di una collaborazione con tre registi che hanno fatto dell’attore “non professionista” uno dei valori su cui si basa il trapasso dal cinema narrativo e divistico al Neorealismo. La scelta di fare di Anna Magnani la protagonista di storie autentiche dimostra quanto rappresenti per tutti una delle poche attrici italiane di quegli anni capace di portare nel cinema un personaggio assorbito sulla strada, ” impastato” con i tanti volti della gente di Roma.
In Roma città aperta è la vedova Pina, che aiuta il comunista Francesco Manfredi a nascondersi dai tedeschi. Nella sua apparente tranquillità, più volte Pina ribadisce di non avere paura, e questo lo dimostra anche la sua scelta di aiutare un uomo pericoloso. Un personaggio studiato per essere “indossato” da Anna, che nel finale riesce a liberarsi con furia e decisione dai tedeschi per rincorrere il camioncino che sta portando via il suo amato Francesco. Le sue urla di disperazione in mezzo ad una strada vuota e circondata da persone timorose che osservano la scena, esprimono quella sua forza interiore che la porta a scagliarsi contro il suo destino, morendo davanti al figlio perché sparata dal nemico.
Bellissima è il film in cui la Magnani sprigiona la sua personalità e padroneggia la scena con una facilità disarmante. Visconti aveva visto in lei il simbolo di una donna combattuta tra il senso di maternità e l’inguaribile giovinezza. Sogna di fare della figlia una stella del cinema, eppure la Magnani è un’anti-diva. Nel finale tragico del film, la feroce critica al mondo del cinema di Visconti risponde in qualche modo al reale personaggio che interpreta Anna Magnani nella vita e nell’arte. Un’attrice che non segue le scorciatoie del divismo, ma sceglie di fare della settima arte una missione, del suo corpo un mezzo di ribellione. È, nel cinema italiano di quegli anni, una donna fuori dal comune, o forse così vera che lascia il segno con tutti i suoi personaggi vibranti. La verità è la dimensione a cui ambisce il cinema quando registi, sceneggiatori e attori fanno del proprio “mestiere” un continuo esame di coscienza, una continua esplorazione e ricerca, che parte dalle piccole storie, per interpretare i grandi avvenimenti storici e sociali.
Mamma Roma rappresenta ancora un’ulteriore prova di totale immersione nella “parte”. Anna Magnani è una prostituta senza marito e con un figlio che torna a casa dopo diversi anni di separazione. Decide di chiudere con quella sporca vita e – sono di notevole intensità cinematografica le carrellate di Pasolini che seguono la Magnani nelle strade della periferia di Roma – prende un appartamento dove sogna di diventare una borghese. Il figlio presto, però , scopre la vita passata della madre e comincia, per rigetto, a delinquere, finendo in carcere dove morirà. Anna Magnani aveva già sposato il regista Goffredo Alessandrini nel 1935, ma aveva avuto anche una relazione con l’attore Massimo Serato da cui era rimasta incinta di Luca, motivo per cui venne subito abbandonata. Questa sua esperienza di vita riecheggia in “Mamma Roma”, soprattutto nei momenti di serena quotidianità che vive con il figlio Ettore, che le permettono di sentirsi una donna completa e felice.
È nota la venerazione di Pasolini per gli attori improvvisati e presi dalla strada, eppure inserisce Anna Magnani in uno dei suoi film più significativi sul proletariato. Cosa fa di Anna Magnani, dunque, un attore “preso dalla strada”?. In Siamo donne (Luchino Visconti, 1953) l’attrice interpreta se stessa mentre si reca al teatro. Prende un taxi e litiga con il conducente perché chiede un costo aggiuntivo per il trasporto del cane, ma la Magnani è polemica nella vita così come nei personaggi cinematografici, e finiscono in tribunale.
Arrivata in ritardo al teatro canta “Com’è bello fa’ l’amore quann’è sera”, ritornando alla sua romanità autoctona. Il suo passaggio dalla vita all’arte è rapido, quasi impercettibile. Anna Magnani recita nella vita e vive nell’arte. Sul palco, di fronte ad una cinepresa, in piazza, madre e fruttivendola, rivoluzionaria e soubrette … questi sono i volti di una donna che ha arricchito la sua vita di personaggi “fittizi” e ha donato ogni volta una parte di sé alle maschere “realistiche” del cinema italiano. Dopo 40 anni è sempre il simbolo della romanità più condiviso, una donna immersa nel suo tempo prima che una brava attrice.