A cura dell’Avv. Luca Monaco (Direttore Responsabile di zerottonove.it)
Ancora una pronuncia di legittimità che fa discutere.
Con sentenza n. 46334/13, depositata il 20 novembre c.a., la Suprema Corte ha postulato il principio in base al quale a rispondere del reato di cui all’art. 689 c.p. è sempre il gestore del locale, anche allorquando la bevanda alcolica sia stata somministrata al minore dal cameriere.
Nel caso di specie quest’ultimo si era premurato di chiedere a due ragazzine, che avevano ordinato un cocktail, se fossero maggiorenni, ottenendone risposta affermativa. Pertanto, non dubitando della genuinità della risposta, serviva loro le bevande richieste.
Il gestore del locale, condannato in primo grado, proponeva ricorso per Cassazione, obiettando che l’errore in cui era incorso il cameriere era scusabile, ex art. 47 c.p., in quanto lo stesso aveva chiesto l’età alle giovanissime avventrici ed in quanto non esiste una norma che imponga ai camerieri o ai gestori dei locali di richiedere la carta di identità ai propri clienti.
Di avviso diverso è stata la Suprema Corte, la quale ha statuito che “la natura di reato di pericolo della fattispecie in esame, infatti, impone una effettiva e necessaria diligenza nell’accertamento dell’età del consumatore, atteggiamento che ……….……. non può essere soddisfatto né dalla presenza nel locale di cartelli indicanti il divieto di erogazione di bevande alcoliche ai minori, né limitandosi a prendere atto della risposta del cliente sul superamento dell’età richiesta, ove ciò non corrisponda al vero”.
Precisa ulteriormente la Corte che tale obbligo di controllo grava innanzitutto sul gestore del locale, non potendo questi delegare al personale dipendente l’accertamento dell’effettiva età del consumatore.