Simonetta Lamberti , la bambina diventata simbolo della città metelliana e della lotta contro la criminalità organizzata. A 35 anni dalla scomparsa ZerOttoNove le dedica un articolo
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Simonetta Lamberti , la bambina dai lunghi capelli biondi e l’aria spensierata di chi a 11 anni torna da una giornata a mare insieme al padre. Una vicenda che dimostra come la morte di una figlia è il duro prezzo da pagare per chi lotta contro la criminalità organizzata, poichè quei colpi di pistola non erano destinati alla bambina, ma al papà che di mestiere faceva il magistrato. Alfonso Lamberti tra gli anni ‘ 70 e ’80 si occupò di numerosi casi di criminalità organizzata , entrando automaticamente nel mirino della Camorra.
Così la mattina del 29 maggio 1982 una Fiat 127 bianca si affiancò alla vettura del giudice Lamberti e scagliò diversi colpi di arma da fuoco , ferendo il magistrato ma uccidendo sul colpo la bambina che si era assopita con la testa contro il finestrino. Una mattina che la città di Cava de’ Tirreni non dimenticherà mai, tanto da rendere Simonetta Lamberti il simbolo della città metelliana per celebrare le piccole o grandi vittime uccise per colpe mai commesse, con l’unica condanna di essere figli di bersagli della mafia.
Le indagini
Una bambina mai uccisa grazie alla memoria che continua a tenerla in vita. Nel 1987 la Corte di Assise di Salerno condanna all’ergastolo Francesco Apicella grazie ad una testimonianza oculare, mentre il 18 Aprile del 1988 la Corte d’Appello di Salerno, presieduta da Mario Consolazio prosciolse Salvatore Di Maio e Carmine Di Girolamo innocenti dell’accaduto. Il 18 maggio 1993 il giudice Alfonso Lamberti fu arrestato con l’accusa di essere membro della Camorra, una testimonianza chiave da parte dell’ex camorrista ed oggi collaboratore di giustizia Pasquale Galasso. Lamberti fu accusato di aver favorito Carmine Alfieri , uno dei massimi esponenti della criminalità organizzata campana, e lo stesso Galasso in alcune sentenze. Un duro colpo per il magistrato , tanto da tentare il suicidio in carcere. Dopo alcuni anni il nome di Simonetta fu menzionato dallo scrittore Roberto Saviano nel 2006 nel suo Gomorra , condannando Raffaele Cutolo come coordinatore dell’omicidio Lamberti.
Il caso Lamberti fu riaperto nel 2011 quando Angelo Cutolo rivelò che il suo compagno di cella, Antonio Pignataro, fu tra gli ideatori dell’omicidio in seguito ad una confessione avvenuta in carcere. All’attentato parteciparono altre quattro persone su mandato di Salvatore Di Maio. Il 4 luglio 2015 la sentenza di primo grado condannò Pignataro a 30 anni , tuttavia il “pentito” fece ricorso prima in appello e poi in Cassazione. Il giudice respinse la richiesta del procuratore delle richieste di attenuanti generiche e lo sconto di pensa a 16 anni.
Il ricordo di Simonetta Lamberti non deve e non può fermarsi come le altre migliaia di vittime uccise per mano della mafia. “Rendere onore alla vittime della mafia ha un preciso significato educativo … comprendere i fenomeni complessi del mondo contemporaneo, nel quale il rispetto dei diritti umani fondamentali non è un dato acquisito , ma una battaglia politica e culturale sempre aperta”. (Una riflessione sulle vittime della criminalità organizzata del dott. Luigi D’Angelo, presidente del Tribunale di Agrigento)
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