È stato inaugurata questa mattina presso il Museo dello Sbarco di Salerno la sezione riservata alla Shoah, “Qui non ho visto alcuna farfalla” dedicata a “Shlmo Venezia”
Alla presenza di Shalom Bahout, Rabbino capo della comunità ebraica di Napoli e del sud Italia, Pier Luigi Campagnano, Presidente della Comunità ebraica di Napoli, Ermanno Guerra, assessore alla Cultura del Comune di Salerno e Edoardo Scotti, giornalista e segretario del Museo dello Sbarco e dello storico Nicola Oddati, gli studenti del Liceo Alfano I hanno presentato alcuni brani musicali legati alla storia della Shoah e del campo di sterminio nazista di Auschwitz ed, inoltre, è stata proietatta la video – intervista “Shlomo Venezia – Stuck 112727 del Sondorekommando Auschwitz”, che fu deportato ad Auschwitz l’11 aprile di settant’anni fa ed ha impiegato più di quarant’anni per cominciare a raccontare la sua terribile esperienza, divenendo nel corso degli anni uno dei testimoni più autorevoli della tragedia vissuta dagli ebrei d’Europa negli anni a cavallo tra il 1940 e il 1945. Nell’ottobre 2012 è venuto a mancare.
La sezione, intitolata “Qui non ho visto nessuna farfalla”, presenta quadri di memoria, un percorso dentro la deportazione nei campi di sterminio nazisti ed è destinato agli alunni dai 12 ai 16 anni. Sono presenti dieci sezioni, definiti “quadri”, in cui si possono leggere testimonianze e racconti della Soah da parte dei sopravvissuti e vedere documenti storici; inoltre ci sono momenti interattivi che prevedono il coinvolgimento dei ragazzi. Ogni alunno, all’ingresso, riceverà un taccuino di viaggio che lo accompagnerà per tutto il percorso, da conservare come traccia per l’esperienza vissuta.
Ha commentato il rabbino Shalom Bahout: “Sono pochi, purtroppo, i bambini sopravvissuti che possono raccontare la loro esperienza e quanto vissuto. Il silenzio è stato assordante, se il mondo non fosse stato in silenzio ciò non sarebbe accaduto, è l’indifferenza degli altri paesi che ha permesso questo. Noi vediamo che ci sono situazioni molto simili oggi, seppur in maniera diversa, perchè quello che è accaduto può sempre succedere di nuovo, per cui è importante vigilare. E’ importante che i ragazzi che arrivano qui, facciano un percorso volto all’identificazione di quanto successo, si rendano conto di cosa significasse essere un numero, dover rispondere al proprio numero. Questo mi sembra il percorso giusto: l’educazione. Se non lo si fa quanto accaduto può riaccadere; il male è stato possibile perché molte persone che potevano fare il bene non l’hanno fatto. Non ci si rende conto del bene e del male, c’è chi c’è riuscito come Perlasca: fare il bene per allontanarsi dal male”.