Serie A versus Serie B. Sembra sempre più grande il divario fra il massimo campionato e la cadetteria, nonostante gli introiti dei club siano in netto aumento
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La Serie B degli ultimi anni grazie al Presidente Abodi e alla fondamentale partnership con Sky e Bwin, ha senza dubbio visto aumentare il suo appeal mediatico e gli introiti dei vari club, grandi e piccoli. Una vendibilità del prodotto imparagonabile rispetto agli anni passati, come forse non si vedeva da quel famoso 2006/07 quando a salire in A furono piazze come Juventus, Napoli e Genoa.
Diritti tv e sponsor capaci di rendere la cadetteria una vera e propria A-2, quanto meno in termini di fatturato e bilanci, seguendo la falsa riga dell’ultima sessione di mercato, ove l’Italia con oltre il 50% dei suoi club è risultata in attivo, come dimostrano i dati pubblicati recentemente in uno studio interattivo di Bwin.it sui massimi campionati europei.
Purtroppo, esiste il rovescio della medaglia: non c’è una correlazione fra la crescita finanziaria dei club minori e quella puramente competitiva
, nel momento del salto di categoria.
A dimostrarlo sono le ultime stagioni, dove solo le più grandi piazze sono state capaci di confermarsi in A dopo un anno di purgatorio: Palermo, Bologna e molto probabilmente il Cagliari quest’anno ne sono l’esempio, coi sardi in zona medio-alta della classifica dopo aver vinto lo scorso torneo di Serie B.
Il destino delle matricole protagoniste nel campionato cadetto e capaci, magari, di affacciarsi per la prima volta in A risulta molto complicato. Le squadre risultano altamente impreparate per una competizione così elevata, nel caso del Crotone anche in termini di infrastrutture. Solo col Napoli, e siamo a fine ottobre, l’Ezio Scida ha aperto i battenti per la prima volta nella sua storia al massimo campionato.
Dopo un punto in 8 partite sembra però evidente che vi siano problemi ben più profondi, a livello tattico e tecnico: la sorte dei calabresi è destinata ad essere simile a quella dei vari Carpi, Frosinone, Novara e a tutti quei club che non godono di grosse piazza e presidenti alle spalle, capaci di regger el’urto del salto di categoria.
In tal senso, chi potrebbe invece goder di ambo le cose, è la Salernitana. Uno stadio da Champions per capienza, sarebbe il quinto più grande di tutta la A: un Presidente come Lotito che ha riportato Salerno nel calcio che conta, ma a quel punto costretto ad un passo indietro per incompatibilità di ruolo nella stessa serie, vista la sua poltrona alla Lazio. I granata sono partiti discretamente quest’anno e non sono lontani dall’obiettivo mai celato, la zona playoff.
Per quanto riguarda l’affluenza degli spettatori allo stadio, i numeri attestano l’Italia al secondo posto in Europa per capienza degli stadi, ma all’ultimo fra i top tournament per spettatori medi (per non parlare dei “tutto esaurito“, ormai utopistici).
Una forbice rispecchiata anche dalla “monotonia“ che il campionato italiano ha portato in tavola rispetto agli altri campionato: il dominio della Juve nell’ultimo lustro rispecchia esattamente l’abisso che intercorre fra lei e le altre, fra chi lotta per l’Europa e le squadre di medio-bassa classifica, di quest’ultime e di quelle condannate alla retrocessione. Chi sale in A nella maggior parte dei casi ha il destino scritto, a meno di forti investimenti e/o un lavoro coi vivai proficuo e funzionale.
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