Scuole non in regole con le norme antisismiche: Per la cassazioni sindaci penalmente responsabili se non dispongono la chiusura. Il presidente dell’Associazione dei Costruttori Salernitani, Antonio Lombardi: «Subito una task force in Prefettura»
I quotidiani locali continuano a riproporre, con cadenza purtroppo quotidiana, il problema delle condizioni di estrema precarietà statica in cui versano molti edifici scolastici della provincia di Salerno.
Una recente sentenza della Corte di Cassazione (VI Sezione Penale, 8 gennaio 2018, n. 190) impone oggi l’esame della problematica in una prospettiva assolutamente diversa, chiamando i sindaci alle proprie responsabilità non solo amministrative ma anche penali.
La Cassazione ha infatti stabilito che, anche in presenza di un rischio sismico lieve, le scuole non a norma vanno chiuse, ed è un preciso obbligo dell’amministrazione comunale procedere in tal senso in quanto i terremoti non sono prevedibili e anche un minimo scostamento dei parametri può nascondere pericoli considerevoli.
È evidente che tale sentenza, per aree come quelle della nostra provincia in cui il rischio sismico è ben più sostenuto, rischia di avere conseguenze devastanti: in sostanza i sindaci che non dispongono la chiusura delle scuole non in regola con le normative antisismiche, rischiano pesanti ripercussioni penali (il sindaco del caso deciso dalla Cassazione, di Roccastrada, in provincia di Grosseto, è ora indagato dalla Procura della Repubblica).
Secondo la Cassazione, il rischio di crollo esiste anche se la scuola si trova in un’area a “basso rischio sismico” e se si rileva un “minimo scostamento dai parametri di edificazione” contenuti nelle Norme Tecniche per le Costruzioni – NTC 2008.
Per far scattare i sigilli è sufficiente la violazione delle norme che impongono il raggiungimento di determinati standard. Non è necessaria la presenza di un pericolo concreto perché “nel carattere non prevedibile dei terremoti”, le regole tecniche di edificazione mirano a contenere i rischi nell’eventualità che l’evento sismico si verifichi.
Nel caso preso in esame dalla Cassazione in base al certificato di idoneità sismica rilasciato nel 2013, la scuola di Ribolla, frazione del comune di Roccastrada (GR), presentava un livello di rischio sismico pari a 0,985, mentre il parametro minimo della sicurezza statica è 1. In altre parole, anche se per poco, era emersa la non idoneità sismica dello stabile.
La scuola era stata sequestrata, ma poi riaperta dopo il ricorso del sindaco di Roccastrada al Tribunale del riesame. Secondo il Tribunale del riesame, non c’era il concreto pericolo di crollo dell’edificio, che in base agli accertamenti condotti presentava una inadeguatezza minima rispetto ai vigenti parametri costruttivi antisismici.
Di parere opposto i giudici della Cassazione, che hanno accolto il ricorso della Procura di Grosseto: il sindaco di Roccastrada è ora indagato ed è stato disposto il sequestro della scuola.
«Il problema della sicurezza statica degli edifici scolastici e della sicurezza degli alunni e del personale, docente e non docente, che quotidianamente li frequentano – dichiara il presidente dell’Associazione dei Costruttori Salernitani, Antonio Lombardi – impone ora una riflessione molto più seria e, soprattutto, interventi concreti ed efficaci che vadano ben al di là dei periodici proclami e delle belle intenzioni.
È il caso che in un territorio a rischio sismico medio-elevato come il nostro, innanzitutto la Prefettura si faccia carico del problema, attivando una task force che affronti sollecitamente almeno le situazioni più allarmanti, che non sono poche. Voglio rammentare che sono tanti gli edifici scolastici in provincia di Salerno, ben lontani dalla soglia minima di sicurezza imposta dalla legge».
“Esistono oggi i percorsi, gli strumenti e anche le risorse economiche per avviare un programma straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici – aggiunge ancora il presidente Lombardi – anche con l’eventuale concorso di capitali privati: ma occorre procedere con sollecitudine e non attendere, come troppo spesso avviene in Italia, il fatto avvenuto per piangere sul latte versato.
È bene che i sindaci sappiano – la sentenza della Cassazione non si presta, in tal senso, ad interpretazioni equivoche o dubbie – che rischiano in prima persona, anche sul piano penale. Non esiste, insomma, più alcun alibi per inefficienze e inettitudini”.