Nella rotonda di Prolungamento Matteotti appare una scultura, posizionata in un cantiere ancora aperto senza targa o inaugurazione. L’artista dell’opera Ugo Cordasco fa luce sulla vicenda
Domenica 10 marzo spunta misteriosamente una scultura a Sarno nella nuova rotonda di via Prolungamento Matteotti. L’installazione dell’architettura artistica ha lasciato un alone di perplessità attorno a sé e ha smosso un polverone tra gli abitanti del luogo. In effetti, il posizionamento del monumento in un cantiere ancora aperto e la forma particolare che ricorda una S hanno suscitato non pochi dubbi. Si narrava di campagna politica, spreco di materiale oppure un nuovo inutile simbolo identificativo della città. Al tutto si aggiungono anche alcune tensioni sul costo di questa operazione.
Nella rotonda in questione si parlava di posizionare un reperto storico-archeologico appartenente a quella zona specifica. Anticamente, nei pressi della rotonda di Prolungamento Matteotti si trovavano i lavatoi dove le lavandaie andavano a lavare i propri panni. Parliamo di una zona in prossimità della sorgente del fiume Sarno: Rivo Cerola. Oltre ai lavatoi era possibile ritrovare la sorgente di acqua sulfurea, i bagni termali e la villa comunale. Per riportare alla luce la memoria storica del luogo, si era pensato all’utilizzo di un antico lavatoio come monumento principale per la rotonda. Invece, spunta dal nulla una scultura con una forma stilizzata, che ricorda l’iniziale del paese, sorretta da alcuni tubi di ferro, posizionata al centro cittadino senza un’inaugurazione e senza una targa commemorativa e esplicativa.
Fortunatamente, a fare luce sulla questione è il creatore dell’opera, l’architetto Ugo Cordasco. Da come spiega l’artista, l’installazione improvvisa della sua scultura è stato un puro caso. In base ai suoi piani, la scultura andava coperta in attesa dell’inaugurazione ufficiale della rotonda. Purtroppo non ha potuto provvedere a causa della verniciatura a caldo che non ha consentito di effettuare questo procedimento.
Parlando dell’opera in sé, il dott. Cordasco ha rivelato la sua visione della scultura, dal titolo “Morte di una lavandaia“. Secondo lui la struttura rappresenta una lavandaia china nell’intento di lavare i panni, ma non ha le braccia perchè non c’è più l’acqua e il lavatoio. I tubi che trafiggono il ventre invece stanno a rappresentare la mancata proliferazione della memoria di questo patrimonio storico-culturale, legato alla città di Sarno.
“Il lavatoio non aveva di certo un pregio architettonico, ma sicuramente un valore ambientale e culturale” commenta l’artista ricordando la sua gioventù vissuta proprio in quel luogo. Infine ha dichiarato che la sua opera (prima opera pubblica) è stata una sorta di “donazione” alla città di Sarno, dato che i costi affrontati dal Comune sono bastati solamente per i materiali utilizzati alla costruzione.