I nuovi scavi sono stati avviati in un complesso che, per la sua posizione accanto all’altare del tempio di Nettuno, deve aver avuto un’importanza centrale nelle attività rituali
Risalirebbe alla “seconda vita” del tempio più famoso della Magna Grecia, ovvero ai secoli IV-III a.C., l’enigmatico edificio nei pressi del tempio di Nettuno, noto come “Casa dei Sacerdoti” – in altre parole, un edificio di cui si ignora la funzione, dal momento che “Casa dei Sacerdoti” è una di quelle denominazioni leggermente anacronistiche alle quali si ricorre in mancanza di dati certi, come spiega il direttore degli scavi, Gabriel Zuchtriegel.
“Da lì è partita l’idea di avviare nuovi scavi in un complesso che, per la sua posizione accanto all’altare del tempio cosiddetto di Nettuno, deve aver avuto un’importanza centrale nelle attività rituali: speriamo così di avere nuovi dati sul contesto più ampio del tempio, anche perché non conosciamo ancora la divinità alla quale era dedicato. Sicuramente non era Nettuno, ma forse Apollo o Hera, o chi sa”.
I dati recuperati nella prima campagna di scavo, che si è conclusa il 10 aprile 2019, fanno intuire che l’edificio – con un impianto irregolare e pavimenti in grandi basoli – fu eretto tra IV e III sec. a.C., cioè tra la fase lucana e quella romana. “In quell’epoca – dice Zuchtriegel – c’erano ancora dei Greci a Paestum, ma chi comandava erano altri: prima i Lucani, poi i Romani. E con loro inizia quello che possiamo definire la ‘seconda vita dei templi’, i quali rimangono in uso, ma subiscono una rivisitazione. Non solo Hera diventa Giunone, Athena si ribattezza Minerva, ma anche la ritualità viene adattata ai nuovi patroni. Pare che la ‘Casa dei Sacerdoti’ sia da inquadrare in questo processo di rivisitazione dell’antico santuario greco”.
Lo scavo ha evidenziato come, dopo una prima fase lucana e romana, l’edificio ha subito un’importante intervento di ristrutturazione nel II secolo a.C. Un pozzo che originariamente fu allestito in uno degli ambienti venne chiuso con materiali di risulta e resti di animali, forse sacrificali, mentre in vari punti l’antico pavimento in basoli di travertino o terra battuta fu coperto da un pavimento in cocciopesto, che nella sala Sud è decorato con linee che formano rombi.
Incerta invece la relazione tra un focolare o forno scoperto al centro di uno degli ambienti e l’edificio, dal momento che gli archeologi si sono imbattuti in una stratigrafia sconvolta da vecchi interventi degli anni ’50 del secolo scorso, mai documentati. “Purtroppo questo ha fatto saltare la relazione stratigrafica tra il ‘forno’ e l’edificio – spiega il funzionario archeologo Francesco Scelza – tuttavia la presenza di un punto di fuoco – cucina? produzione di utensili? – non desterebbe stupore in un santuario antico, considerando che il sacrifico prevedeva il consumo di gran parte degli animali immolati presso l’altare”.
A proposito di cucina, va ricordato che i fondi per avviare le ricerche sono arrivati grazie a una cena organizzata da Barbara Guerra e Albert Sapere delle Strade della Mozzarella, che si è tenuta proprio a Paestum lo scorso mese di luglio con chef di fama internazionale, tra cui Massimo Bottura che ha messo a disposizione gratuitamente la sua professionalità a sostegno dei progetti del Parco.
“Ora però servono ulteriori fondi – annuncia il direttore – perché come spesso accade, lo scavo ha posto più domande di quante ne abbia risolte. Intanto ringrazio gli archeologi e gli operai che hanno lavorato sotto gli occhi di migliaia di ragazze e ragazzi che sono passati da lì. Abbiamo deciso di scavare pubblicamente, cioè senza schermature, con visite al cantiere ogni giorno per il pubblico presente negli scavi. E’ la sintesi della nostra missione: condividere la ricerca e la conoscenza con tutti”.