L’Oro di Scampia è la fiction di Rai Uno su Gianni e Pino Maddaloni che, con il judo, hanno portato la città sul podio olimpico.
Scampia, piazza per antonomasia dello spaccio italiano, si trasforma in una palestra di vita nella fiction in onda lunedì, 10 febbraio, su Rai Uno alle ore 21. Attraverso uno sport, il judo, si racconta il modo per uscire dall’atteggiamento passivo e pessimistico di chi sopravvive a Scampia, e l’atteggiamento criminale e camorristico di chi lì comanda.
L’obiettivo è quello di formattare le menti degli spettatori che, ormai da troppo tempo, collegano automaticamente la parola “Scampia” a “droga” e “camorra”. Forse per colpa dei mass media, che parlano di Scampia solo quando muore qualcuno per overdose o quando ci sono crimini di camorra legati alla droga, appena sentiamo la parola “Scampia” il nostro cervello pensa automaticamente alla droga e alla camorra. La fiction intende, invece, ricostruire una nuova immagine mentale di Scampia, a partire da una bella storia di sport.
Diretta da Marco Pontecorvo, la fiction è tratta dal libro, La mia vita sportiva, di Gianni Maddaloni e racconta la storia di Gianni Maddaloni e Pino Maddaloni, padre e figlio, judoka napoletani. Gianni, nella sua palestra, attraverso il judo, cerca di allontanare i figli di Scampia dalle Vele e dai luoghi dello spaccio, ma soprattutto da una vita di illegalità quotidiana. Tra i suoi bambini-allievi c’è anche suo figlio Pino che, con impegno e sacrificio, riesce ad ottenere l’oro nelle Olimpiadi del 2000 a Sydney.
Nella fiction, Pino diventa Toni Capuano, e nei suoi panni c’è il giovane attore napoletano Gianluca Di Gennaro, mentre suo padre Gianni è Enzo, interpretato da Beppe Fiorello. Nomi di fantasia per una storia vera! Benché la fiction sia incentrata sul padre ed il figlio, non sono da dimenticare le vittorie conseguite degli altri due fratelli: Marco, judoka di rango internazionale, ex campione Italiano Assoluto e due volte Campione Europeo Under 23 nel 2004 e 2005, e Laura, pluricampionessa italiana nella Nazionale Italiana Femminile.
Oggi, mentre Gianni ha ancora la sua palestra a Scampia, costretto a cambiare posto su pressioni della camorra, Pino, che da Scampia è andato via e non è ottimista sul suo futuro, è il tecnico della nazionale maschile di judo.
Scampia non è solo la città delle Vele che, nell’immaginario dei tossicodipendenti e di chi con la droga lavora e vive, è il podio su cui ogni giorno si sale per ritirare la propria medaglia, cioè la dose o i soldi. A Scampia c’è anche la palestra del “Clan dei Maddaloni”, dove ti insegnano, attraverso lo sport e i suoi valori, che esistono podi lontani, in attesa di noi. I podi dello sport sono diversi dalle rampe di acceso alle Vele e non sono controllati da vedette, dove la vittoria non si compra con i soldi da un buco di un portone e dove l’effetto non dura pochissimo. I podi dello sport che L’Oro di Scampia ci mostra sono le porte aperte di una palestra nel cuore del quartiere, di fronte alle Vele, che accoglie i bambini e li accompagna alla vittoria duratura. Nella palestra di Pino Maddaloni c’è la vittoria della vita sulla morte, una morte che si impossessa di grandi e bambini, una morte di idee, ambizioni e sogni.
Gianni Maddaloni, prima di insegnare a non cadere sul tatami (il materasso del Judo), insegna a non finire al tappeto nella vita.
Oltre la vittoria di Pino Maddaloni alle Olimpiadi, l’oro diventa la metafora del coraggio di vivere, mostrando come si possa, anche in una città come Scampia, andare oltre la droga.