Il gruppo Silba Spa rischia la messa in liquidazione. I 350 dipendenti, intanto, chiedono un confronto collaborativo tra i soci della società
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Il gruppo Silba Spa che gestisce i centri medici di riabilitazione di Villa Alba a Cava de’ Tirreni, Villa Silvia e Gf Montesano a Roccapiemonte , rischia la liquidazione e il licenziamento di centinaia di dipendenti ormai senza stipendio da circa due mesi.
Il 3 marzo i dipendenti della società, in stato di agitazione, hanno partecipato alla protesta pacifica davanti all’ospedale Loreto Mare di Napoli per richiedere una risposta esauriente e trovare un accordo tra i soci della società che ormai saltano i pagamenti nonostante le rette pervenute dall’ASL.
I dipendenti della società sanitaria hanno reagito al mancato provvedimento della società sanitaria con un gesto che ha fatto scalpore. All’ingresso di Villa Alba, struttura di riabilitazione di Cava de’ Tirreni, i dipendenti hanno impiccato un manichino. Un gesto dettato dalla disperazione che fa intuire come la situazione sia diventata insostenibile per dipendenti e pazienti. Nei prossimi giorni, se gli amministratori non troveranno un accordo l’azienda sarà messa in liquidazione.
Non sono mancati i provvedimenti dei lavoratori del gruppo Silba sui social, i quali hanno fatto chiarezza sulla drammatica vicenda che danneggia anche i tanti pazienti ricoverati.
Villa Alba e Villa Silvia sono diventati punti di riferimento della sanità in Campania, raggiungendo, col tempo, l’eccellenza tra le strutture ospedaliere con pazienti provenienti in tutta Italia. I lavoratori negli anni scorsi sono stati anche 6 mesi senza stipendi, comprese famiglie in monoreddito, ma mai sono arrivati ad un gesto del genere perché mai si era palesata una situazione di chiusura imminente.
” Villa Alba non è solo un lavoro , – dichiara un’ operatrice della struttura cavese sui social – chi lavora a Villa Alba o in strutture come quelle non può restare distaccato. I ragazzi ti coinvolgono, ti rendono parte del loro mondo con un amore disarmante, i ragazzi arrivano a chiamarti mamma, arrivano a chiederti di portarli a casa; per loro, noi operatori diventiamo davvero tutto il mondo. Starei ore qui a parlare di loro, ma mi rendo conto che le opinioni saranno sempre divergenti ed è comprensibile.
Ci scusiamo se il gesto vi è sembrato forte o inadeguato… Quello è il simbolo solo della disperazione di 850 famiglie tra lavoratori e disabili… e le persone quando si sentono sole e disperate alle volte possono arrivare a fare delle cose incomprensibili. Voglio terminare condividendo con voi ciò che ci ha detto l’ultima paziente che è arrivata in struttura settimana scorsa. ‘Dottoressa, lo sapete, ho pregato Dio tutte le sere di tutta la vita. Gli ho sempre chiesto solo di trovare un luogo in cui vivere decentemente e in cui io potessi riprendermi.’ “
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