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Salza Irpina, dove i visitatori non sembrano graditi

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Salza Irpina, dove i visitatori non sembrano graditi

Un avvenimento, quello di Salza,  emblema di quanto abbiamo da imparare in termini di accoglienza ai visitatori

salza

Un comune immerso nel verde e in una lussureggiante valle che degrada dolcemente fino al capoluogo di provincia con cui mantiene un secolare legame. Un piccolo centro di storia antica nel cuore di vigneti attraversati da torrenti e fiumiciattoli che rendono agevole la coltivazione di prodotti dal sapore straordinario come il vino, le tante qualità di frutta e le castagne nel periodo autunnale. I palazzi gentilizi si stagliano al centro della parte alta e storica della città, imponenti testimoni della grandezza delle famiglie nobiliari che guidavano il piccolo centro irpino, come maestosa è la chiesa di San Pietro e Paolo che con un alto campanile cinquecentesco domina l’area circostante.

Un centro suggestivo e caratteristico con strade curate e casette ristrutturate dopo il rovinoso terremoto del 1980. Molto meno suggestiva e gradevole però è l’accoglienza che parte della popolazione offre al visitatore, almeno nei confronti di chi scrive e di chi lo accompagnava in una passeggiata domenicale. Molta freddezza da alcuni abitanti del posto che anzi si sono impegnati in lunghi e incuriositi sguardi verso coloro che stavano chiaramente ammirando le bellezze del posto. Non contenti delle occhiate sospettose verso chi non rientrava nei circa 800 cittadini e quindi forse considerato ‘’potenzialmente ladro”, alcuni paesani hanno addirittura avvisato i carabinieri della locale stazione i quali hanno effettuato i relativi controlli del caso dopo essere venuti fino alla nostra autovettura parcheggiata fuori dal centro abitato di un comune limitrofo.

Appare quanto mai incredibile che un luogo pieno di ricchezze ed attrazioni storiche accolga con tanta diffidenza i pochissimi curiosi interessati al paesino con la giustificazione dei furti avvenuti nel recente passato nelle case. Un atteggiamento sconfortante da parte di chi vorrebbe, almeno a parole, lo sviluppo turistico di un territorio martoriato dalla crisi e che scivola inesorabilmente verso l’abbandono dell’emigrazione. Se questa è il modo di fare turismo nell’entroterra campano non ci resta che pregare che il “gap” che ci relega centinaia di anni indietro rispetto ad altre aree, venga al più presto colmato.