Le accuse della Procura della Repubblica di Salerno riguardano plurimi omicidi colposi. In particolare si contesta agli indagati di aver eseguito una serie di interventi chirurgici ad alto rischio di complicanza
In data odierna, militari della Compagnia dei Carabinieri di Salerno, hanno dato esecuzione ad una Ordinanza applicativa di misura cautelare personale, emessa dal GIP di Salerno, in data 2.12.20, su richiesta della Procura della Repubblica, nei confronti di C.N., dal 2.11.2017 primario del Reparto di Unità Funzionale di Chirurgia Generale e chirurgia Oncologica presso una nota casa di cura, e di C.M., assunto quale medico chirurgo presso il medesimo reparto nella stessa data.
Le accuse riguardano plurimi omicidi colposi commessi in arco temporale intercorrente tra il 12.11.17 ed il 25.3.18.
Le indagini, condotte dalla Procura di Salerno e dai militari della Compagnia Carabinieri di Salerno, iniziate già nel 2018, prendevano le mosse dalla segnalazione dei primi mesi del 2018 relativa all’anomalo incremento di decessi verificatisi nei mesi successivi all’assunzione dei due medici presso la struttura convenzionata e consentivano di riscontrare tale allarmante dato.
Ed invero, la verifica della documentazione sanitaria riguardante taluni pazienti ricoverati presso la clinica e l’escussione di alcuni dei medici ivi operanti, i quali avevano evidenziato profili di criticità in ordine agli interventi eseguiti e, più in generale, riguardo lo spregiudicato modus operandi del neoassunto chirurgo, inducevano ad ulteriori accertamenti istruttori.
L’esame delle acquisizioni preliminari confermava l’anomalia dei decessi rispetto alla media del dato nel breve periodo analizzato, adombrando motivazioni di profitto sottese all’aumento dei ricoveri e alla gestione imprudente dei pazienti.
L’ufficio era così indotto ad approfondire le indagini nel solco di due direttrici.
Si riteneva, da un alto, di procedere all’accurato esame del dato medico legale inerente i pazienti sottoposti ad intervento chirurgico presso il reparto diretto dall’indagato.
Pertanto si affidava incarico collegiale di consulenza sviluppatasi attraverso l’acquisizione e l’esame delle cartelle cliniche e l’esecuzione di cinque autopsie sulle salme appartenute in vita ad alcuni dei pazienti deceduti che tenesse anche conto della corrispondenza tra la patologia diagnosticata e le risultanze degli esami istopatologici dei reperti appositamente sequestrati e riesaminati.
Su altro versante, si conferiva ulteriore incarico di consulenza, questa volta finalizzato alla ricostruzione ed all’analisi comparativa dell’attività di ricovero ed ambulatoriale della Casa di Cura di Salerno, con particolare riferimento alle attività della chirurgia per gli anni 20162017, in rapporto alle stesse attività nel periodo successivo dal quale emergeva l’aumento dei ricoveri per alta specialità chirurgica, secondo un andamento costantemente crescente e successivo alla presenza del nuovo direttore di reparto.
A fronte dell’aumento delle prestazioni (e degli utili) registrato, tuttavia, l’analisi medico legale dell’attività complessivamente compiuta dai chirurghi, compendiata nello studio delle 83 cartelle cliniche sottoposte all’esame dei consulenti tecnici nominati dal PM, disvelava come la vantaggiosa scelta di politica aziendale non fosse coincisa con il miglioramento delle prestazioni sanitarie, avuto riguardo alla ragione principale per la quale le stesse vengono erogate, ovvero la tutela della salute del paziente.
Emergeva, invece, uno scenario idoneo a porre in serio dubbio le effettive capacità del chirurgo e della sua equipe, in particolare del suo assistente, il più giovane chirurgo M. C., al quale doveva riconoscersi un ruolo attivo e co-decisionale nella scelta ed attuazione dei trattamenti terapeutici.
L’analisi effettuata dal collegio peritale stigmatizzava l’imprudenza e la superficialità che avevano caratterizzano una elevata percentuale degli 83 casi esaminati in consulenza già nella fase di valutazione e accertamento prodromici alla scelta chirurgica, come dimostrato dalla frequente carenza documentale della cartella clinica, dall’insufficiente livello di approfondimento anamnestico, dall’errata diagnosi di patologie oncologiche in realtà non sussistenti o trattabili con opzioni terapeutiche meno demolitive e rischiose.
La pluralità delle condotte contestate, tutte sorrette dal medesimo modus operandi deviava significativamente dalle regole del corretto esercizio dell’ars medica facendo emergere, piuttosto, la pervicacia degli indagati nell’optare in maniera superficiale per scelte terapeutiche rischiose e sproporzionate, nel violare reiteratamente gli specifici protocolli di sala operatoria e nel mantenere lo stesso contegno di assoluta imprudenza, anche nelle fasi successive alla esecuzione di interventi chirurgici ad alta percentuale di rischio di complicanza post operatoria.
Pur non essendo allo stato procedibili per difetto di querela le ipotesi di lesioni colpose emerse dalla disamina delle cartelle, gli elementi probatori acquisiti consentivano alla Procura della Repubblica di Salerno di elevare a carico dei sanitari indagati plurime contestazioni di omicidio colposo commesso nell’esercizio della professione medica e, conseguentemente, di avanzare richiesta cautelare volta a fronteggiare l’elevato pericolo di reiterazione delle dette condotte.
In particolare, si contesta agli indagati di aver eseguito una serie di interventi chirurgici ad alto rischio di complicanza, totalmente demolitivi ed inutili a fronte di malattie oncologiche in avanzata stadiazione.
E altresì in contestazione un secondo gruppo di interventi, caratterizzato dalla imperizia nella fase esecutiva e dalla totale negligenza nella gestione della fase post operatoria, con omissione dei prescritti controlli ed indagini diagnostiche a fronte della evidente insorgenza di complicanze.
In accoglimento delle richieste formulate dalla Procura della Repubblica, gli indagati sono stati attinti da ordinanza cautelare del Gip di Salerno, che ha applicato la misura degli arresti domiciliari nei confronti del primario, dott. C. N., e la misura interdittiva della sospensione dall’esercizio dell’ufficio di medico e della sospensione dall’esercizio della professione presso qualsiasi struttura sanitaria pubblica o convenzionata nei confronti del dott. C. M..