Salerno, mancato vertice tra comunità senegalese e bengalese e quei lavori in via Calò mai iniziati: Daouda Niang scrive alle istituzioni
Salerno, non sono bastate le proteste e né l’attesa: la vertenza degli ambulanti delle comunità senegalese e bengalese rimane ancora irrisolta. I lavori per adibire via Calò ad area mercatale non sono ancora partiti e non ci sarebbero ulteriori alternative sul tavolo. Il presidente dell’associazione senegalesi di Salerno prende carta e penna e scrive una lettera aperta agli amministratori e ai politici salernitani, secondo quanto riportato anche da Salernonotizie.
«A Salerno almeno 250 famiglie di lavoratori e lavoratrici ambulanti italiani, senegalesi e bangladesi si sono ritrovate quasi del tutto senza lavoro negli ultimi due anni, a causa della forte restrizione delle possibilità e degli spazi per l’esercizio delle attività commerciali». Comincia così la lettera di Daouda Niang rivolta agli amministratori e ai politici salernitani. Niang ricorda che i lavori per adibire via Calò ad area mercatale non sono ancora partiti nonostante le promesse
Per questa ragione, chiede «di riaprire i canali di ascolto» e «di ripensare la possibilità di concessione dell’area del sottopiazza della Concordia per il commercio ambulante».
Gli ambulanti rivendicano «di essere trattate e trattati come tutti i salernitani» e il diritto «di essere presi in considerazione dall’Amministrazione comunale, perché noi non siamo cittadini di serie B, né siamo utili solo per costruire propaganda politica e politiche di repressione. Chiediamo alle istituzioni locali, in primis quella comunale, di trovare una soluzione, partendo da una doppia domanda: perché hanno negato il posto di lavoro (il sottopiazza) a 250 padri e madri di famiglia per creare un’area di abusivismo e repressione? »
«Non si capisce – insiste – perché se quest’area è sicura nel periodo della festa patronale e per le giostre non può essere sicura anche per lo svolgimento delle attività fieristiche delle lavoratrici e dei lavoratori ambulanti». E nella lettera c’è anche un riferimento preciso al lungomare in cui il presidente invoca «il superamento del clima di forte controllo che non giova alla sicurezza della città».