Writer Zon – Salento fuoco e fumo: l’esordio letterario di Fernando Blasi, in arte Nandu Popu, cantante dei Sud Sound System. Un libro scritto con tutta la passione e l’amore che l’autore nutre per la sua terra
Un testo che descrive il Salento, i suoi paesaggi straordinari, i sapori forti, gli odori inebrianti, la gente schietta e che ci fa conoscere questa terra, ma che, anche, denuncia chi cerca di distruggerla: le ecomafie e l’inquinamento che affliggono e annichiliscono posti meravigliosi come questo che devono essere protetti, perché, oltre ad essere bellissimi, fanno parte di noi, sono la nostra terra.
Un viaggio nel cuore di questo territorio, sulle strade antiche costrette da muretti a secco, strade di terra rossa, terra del sud, immerso in un paesaggio bucolico, tra oliveti e vigneti, passando per antiche masserie e osservando tramonti mozzafiato in sella ad una mountain bike, tra gli odori dei campi, del mare e del pane appena sfornato che provocano nell’autore sensazioni di “nodo alla gola”.
“Intanto il sole si abbassa e colora di rosso il volo di un falco. E’ sempre lo stesso scenario quando torniamo da San Cataldo, la pianura è come un maxischermo, ti fa vedere le cose in grande, e così anche una terra povera e ruvida come quella salentina può sembrarti un film avvincente. Quei tramonti mi lasciano sempre un nodo alla gola come se dovessi pentirmi di qualcosa che in realtà non ho commesso, mi resta addosso una strana nostalgia per cose che non ho vissuto.”
Una scrittura spontanea, diretta, divertente, che ci fa scoprire e/o conoscere meglio una persona unica e sincera come ” lu Nandu”, che oltre ad essere un bravo cantante è anche un ottimo scrittore, perché, d’altronde, entrambe le arti sono espressioni del cuore e nulla può emozionare di più di un cuore che realmente brucia di passione.
Sono con Fernando Blasi, in arte Nandu Popu, che si è presentato in bici all’appuntamento. Siamo seduti su di un muretto a secco, è primavera, l’aria è carica del profumo dei fiori, il cielo terso si sta colorando di rosa e d’arancio mentre il sole, una sfera infuocata , fa capolino dietro ad un albero d’ulivo, ora capisco la sensazione di “nodo alla gola”.
Quanto c’è di autobiografico nel tuo libro?
La voce narrante in parte mi appartiene. Mi appartengono i luoghi, i personaggi e la mountain bike, indiscussa protagonista della storia. Mi appartiene anche Zio Maurizio, che insieme a Militant P rappresentano gli unici personaggi veri di tutta la storia. Li ho inseriti deliberatamente nel romanzo perché li ritengo figure altamente propedeutiche, capaci di produrre nei giovani lettori lo slancio necessario per abbandonare la dipendenza dal sistema e affrontare la propria libertà con consapevolezza.
La vita che ho narrato invece appartiene ad un ragazzo che conobbi dopo un concerto in Svizzera. Veniva dal sud Salento e mi confidò di esser scappato da casa perché aveva scoperto che le fortune della sua famiglia – intrallazzata con la politica – derivavano dalle attività illecite dei genitori. Pensate: aveva abbandonato fortune per milioni di euro per andare a fare il lavapiatti in Svizzera! Il suo gesto mi colpì enormemente e nel contempo ebbi la possibilità di conoscere altri suoi coetanei, che allo stesso modo ma con mezzi differenti, stavano conducendo battaglie contro il sistema e contro le loro famiglie per affermare la loro onestà intellettuale. Vedevo i figli degli operai di Taranto maledire l’Ilva e il mestiere dei padri. Vedevo i brindisini stramaledire il polo chimico e quel tumore del carbone chiamato Cerano (la discussa centrale elettrica a carbone Federico II a sud di Brindisi) che per decenni avevano illuso intere generazioni. Queste esistenze mi hanno convinto che c’era in atto un cambiamento e le ho fuse in una sola storia. E non ho voluto raccontarla per mera routine della cronaca ma per indurre altri ragazzi a compiere il gesto del coraggio.
Quale circostanza ti ha spinto a scriverlo?
Il ragazzo che incontrai in Svizzera mi chiese con insistenza di fare della sua storia una canzone, ma dovetti scrivere un romanzo perché una canzone non sarebbe riuscita mai a contenere lo spessore di tutti quegli eventi.
A distanza di tempo, pensi che il tuo messaggio sia stato recepito?
Sì, purtroppo mi ha dato ragione la crisi del sistema economico. Ma non è colpa mia se ho preferito dar retta a dei giovani di provincia che stanno prevedendo il futuro e con la chiara intenzione di cambiarlo a loro favore, piuttosto che illudermi con quelle ideologie che predicano il contrario.
La crisi economica che stiamo vivendo è per alcuni versi irreversibile, perché è stata causata dai limiti di una logica consumistica impattante e devastante. Oggi siamo alla resa dei conti e le multinazionali non hanno più le certezze di una volta riguardo ai consumi che sono state capaci di imporci sino a qualche anno fa: per questo ricorrono alle strategie finanziarie.
Oggi molte persone credono che non valga la pena lavorare molto per guadagnare poco a scapito della salute pubblica, logorata dall’inquinamento prodotto dal lavoro e dalle condizioni precarie che il lavoro stesso impone. A chi giova arricchire i padroni per ridurre in miseria la propria città, la propria famiglia e la propria storia? Pensiamo ancora a Taranto che da capitale della Magna Grecia si è trasformata in inferno d’Europa.
A chi ha giovato l’esperienza industriale di Taranto? I Tarantini se lo sono chiesto e oggi preferiscono tornare alle vecchie attitudini: il mare, l’agricoltura e la cultura, che tradotti in termini attuali diventano turismo, commercio e agroalimentare. Stanno investendo nella bellezza perché hanno iniziato a bonificare il terreno dove intendono far vivere i loro figli: così si rinasce.
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