A due settimane dalla scomparsa del Maestro Franco Califano, ho voluto chiedere all’amico Nicola Blasi, un suo ricordo. A Lui che l’ ha conosciuto personalmente dapprima per passione e poi per professione, ho chiesto una lettera aperta per Zerottonove.
– Nei giorni scorsi è scomparso un “uomoartista”, (tutt’attaccato), come lui stesso amava definirsi: Franco Califano. Così, il mio amico di liceo, Pasquale D’Aniello, ricordandosi della mia sfrenata passione adolescenziale (rimasta intatta nel tempo) e, poi, sfociata in una diretta conoscenza del Maestro, mi ha chiesto un suo ricordo.
In questi giorni si è scritto di tutto. Già interprete di fotoromanzi e autore di splendide canzoni come Minuetto; La musica è finita; Una ragione di più; Un grande amore e niente più; E la chiamano estate, e…tante altre che credo i più, senza dubbio, conosceranno. Si aggiungono gli altri capolavori: Tutto il resto è noia; La mia libertà; Me’nnamoro de te; Io nun piango, Un tempo piccolo e tantissime … Né poteva mancare il richiamo alle sue vicende giudiziarie, entrambe conclusesi con l’assoluzione con formula piena “perché il fatto non sussiste”.
Già suo ammiratore dalla fine degli anni ’70, con l’acquisto, all’epoca sedicenne, della mia prima musicassetta contenente la perla “Me ‘nnamoro de te”, conobbi il Maestro negli anni ’90, dapprima timidamente, a seguito di alcuni concerti e, poi, in maniera talmente cordiale, tanto da stringere un legame più stretto. La prima volta, al termine di una sua esibizione a Latina, ebbi a consegnargli un bigliettino con cui manifestavo il mio sentimento per l’atmosfera intensa e coinvolgente e per le emozioni trasmesse. Lui lo lesse, mi ringraziò e lo ripose nella tasca della sua giacca. Successivamente, con altri amici, alla fine di uno spettacolo a Ruoti (Pz) – invitato a cena dagli organizzatori – ci pregò di non lasciarlo solo con “gli adulti”, perché lui, rimasto anche sorpreso dal nostro sincero e passionale entusiasmo per la partecipazione, amava la compagnia dei giovani. Meravigliati, cogliemmo l’inaspettata disponibilità e lì, a tavola, iniziò una conoscenza diretta.
Pieno di euforia e gongolante mi alzai una mattina dell’agosto ’93, svegliato da una sua telefonata, con la quale mi manifestò l’intenzione di querelare un noto quotidiano nazionale il cui articolista aveva impropriamente accostato il suo nome e la sua immagine alla foto di un ex ministro coinvolto in uno scandalo dell’epoca. L’ennesimo tentativo di puntare l’indice contro il personaggio per un’altra notizia di cronaca che si rivelò falsa, per la scarsa diligenza e cautela nel vagliare la fonte da parte del giornalista di turno. Quindi, andai a casa sua a Roma e, poi, insieme in Procura per depositare l’atto: “Sono uscito per la terza volta”, scherzava ridente con quelli che incuriositi lo fissavano al passaggio in tribunale. In macchina, mentre attraversavamo la città intasata dai suoi ritmi, mi raccontava che quella di giorno non era la vita “vera”. Di giorno ognuno con la sua “maschera” va per la sua strada … Di sera c’è il ritorno a casa, la famiglia si ricompone, il trucco viene meno.
In seguito, apprendevo, direttamente da lui l’iter dei suoi concerti in zona, tanto da organizzare, al momento e con gli amici Rocco e Lello, l’immediata gita: Napoli, Pagani, Salerno, Ogliastro Marina, Villa d’Agri, Taranto, Castellaneta, Lecce, e via, via, Roma, S. Felice Circeo e oltre. Il tutto terminava a cena con lui, dove il Maestro, lieto, brillante, immediato lettore dell’anima e sempre disposto a dare consigli, mai ci permetteva di tirare fuori un soldo.
La sua sensibilità, i racconti di vita vissuta, l’entusiasmo per i suoi progetti, la facevano da padrona e alla fine, all’alba, ritornavamo a Potenza, stanchi, ma sempre con una carica in più.
“Che domani sia il vostro tempo migliore”, era tale l’augurio rivolto al pubblico al termine delle sue serate. Eppure, a volte, manifestava il suo disappunto per non aver avuto quella totale e anticipata approvazione che riteneva dovuta. Alcuni commentatori e cosiddetti “critici” trovavano, comunque, limiti al suo percorso artistico. Aggiungeva: “se devono darmi un premio o anche una medaglietta per il riconoscimento alla mia carriera, la voglio in vita”, respingendo la consolidata prassi che si è sempre grandi dopo la morte. Cari critici, approssimativi o poco conoscitori, quanto tempo perso per non aver valorizzato e considerato la sua poesia! Sì, è bene dirlo, nei versi del Maestro c’è la nostra poesia dal sapore contemporaneo. Forse ai censori non appare chiara, per loro limite, il concetto di poesia. E che cos’è la poesia se non – come il dizionario della lingua italiana la definisce – l’arte e tecnica di espressione in versi con estrema attenzione all’aspetto fonico, ritmico e timbrico del linguaggio, esperienze, idee, emozioni, fantasia, nelle quali si condensa una visione soggettiva e talvolta anche universale, di sé e della realtà circostante. Ebbene, è innegabile che nelle pagine del Maestro da tempo scorre tutto questo, in maniera schietta, passionale, attuale e coinvolgente. Ora, sicuramente tardi, caro Maestro, sta arrivando il parto della riconoscenza: intitolazioni di strade, concerti in tuo onore, incontri di studi sulla filosofia del tuo pensiero … Sarebbe curioso conoscere dal tuo attuale palco il monologo di turno in proposito … Non potrò dimenticarti Maestro, un forte abbraccio e se sei proprio tu a dirci che: “Non escludo il ritorno …”, io ci credo …, lo stai già facendo …