di Marcello Ravveduto
Quando la camorra non spara rischia di diventare addirittura rassicurante
Beninteso, non è che la gente del posto si abitui ad accettarla come una cosa normale. I sindaci non scrivono sui cartelli: “Benvenuti a Vatelapesca, terra di sole, mare e camorra”.
Per carità, in pubblico, il giudizio di valore sulla camorra è un po’ come quello sulla razza: puoi trovare una marea di persone che pensa e fa discorsi razzisti, ma nessuno ti dirà apertamente: «Ebbene sì, io sono un fottuto razzista».
Piuttosto, ti abitui a fare delle sottili distinzioni tra camorra cattiva, quella da Gomorra e Tg1, e camorra “che-in-fondo-in-fondo-ma-dov’è-veramente?”.
Il fatto è che quando si vive in paesino sospeso tra il cielo e il mare, come lo sono decine nel sud della Provincia di Salerno, si pensa che non ci possa essere confronto tra i boss casalesi o napoletani e i delinquenti di quelle parti.
I primi sono i “cattivi”. Cavalieri dell’Apocalisse con facce così inquietanti che non serve certo Lombroso per sentenziare: «Quello è nato per fare il criminale!». Con i secondi, invece, hai qualche problema in più. Lì dove la camorra non ammazza, non riesci proprio a immaginartelo com’è fatto un camorrista, anche se hanno a che fare con i nomi dei boss che senti al telegiornale. Anzi, la camorra diventa quasi un’entità leggendaria, addirittura folcloristica.[ads1]
Tra Piana del Sele e Cilento, negli anni ’80, i clan della provincia di Napoli e di Caserta hanno messo profonde radici, i gruppi criminali autoctoni sono cresciuti alla loro ombra. Fabbrocino, Schiavone, Cesarano, Marandino investono ancora oggi in aziende agricole e in grosse strutture alberghiere: riciclaggio, usura, racket.
Eppure, pare che nessuno sappia che bufale, mozzarelle, pomodori, carciofi, turisti e villeggianti rientrano, in molti casi, in un sistema economico anabolizzato dai capitali dei clan. Si convive accettando la faccia meno riprovevole della camorra, quella che ridistribuisce denaro: la droga si trasforma in resort, il pizzo muta in stabilimenti balneari, i morti ammazzati “sepolti” sotto caseifici industriosi. I criminali sono altrove e in apparenza non hanno nulla a che fare con quelli che consumano solo “il prodotto finito”.
@MarcRavv