30 dicembre 2014
Sono anni che la teoria della mente viene studiata e recenti test effettuati su alcuni volontari hanno confermato che l’essere umano è in grado d’immaginare pensieri ed emozioni di chi gli sta intorno soltanto quando pensa di essere in competizione con un avversario umano e non quando il confronto avviene con un computer
[ads1]La teoria della mente è un meccanismo sofisticato che ci indica quale sia il comportamento più efficace da seguire in ogni situazione e sono stati Jean Daunizeau e i suoi colleghi dell’INSERM e del CNRS francese a provare che, per attivarla, è necessario trovarsi in un contesto sociale in cui usarla a proprio vantaggio. L’articolo, uscito sulla rivista “PLOS Computational Biology”, illustra in che modo è stato condotto lo studio da Daunizeau e colleghi: 26 volontari hanno giocato ripetutamente a nascondino in versione elettronica e poi con una simulazione di una slot machine pensando, però, di affrontare la prima volta delle persone e la seconda una macchina, mentre il loro unico avversario è sempre stato un algoritmo di calcolo.
Durante la prova del nascondino, ossia del contesto sociale, i volontari sono stati divisi in due sottogruppi e fatti giocare contemporaneamente nella stessa stanza. Ogni volontario sapeva che avrebbe affrontato altri quattro giocatori e la credenza in cui sono incappati tutti è che gli avversari fossero gli altri volontari presenti nella stanza.
Durante la prova delle slot machine, rappresentante il contesto non sociale, i volontari dovevano scegliere se giocare alla slot numero 1 oppure alla numero 2 e sapevano di dover considerare i feedback che classificavano le loro scelte come corrette o non corrette.
Dunque i volontari si sono sempre confrontati con realtà artificiali che seguivano un algoritmo di calcolo, ma hanno erroneamente pensato di sfidare persone reali nella prima prova, generando un risultato inequivocabile: i volontari vincevano quando giocavano nel contesto sociale e perdevano nel contesto non sociale, sebbene l’avversario fosse sempre un giocatore virtuale. Dopo tali evidenze i ricercatori hanno affermato che quando l’essere umano pensa, anche erroneamente, di essere in competizione con altre persone, attiva la teoria della mente e il pensiero strategico.
La teoria della mente mette in azione il comportamento strategico in quanto risorsa cognitiva eccezionalmente efficiente nell’analizzare ricorsivamente i feedback che arrivano dal contesto. I giochi in cui influiscono le strategie mentali provano che la competizione stimoli le migliori tattiche; il poker sportivo rappresenta un esempio esaustivo di come variano le prestazioni quando si gioca contro il software oppure quando si gioca contro avversari reali su piattaforme riconosciute quali Poker Stars.
Lasciamo da parte il poker dal vivo (perché quando l’avversario ci è di fronte entrano in gioco elementi come la gestualità e la comunicazione non verbale, che implicano altri approcci) e concentriamoci sul gioco online: una partita virtuale giocata contro avversari reali comporta tutto ciò che il poker rappresenta, ossia una sfida contro avversari veri, mediata da un computer, proprio come nello studio di Daunizeau e colleghi. Online è necessario quindi individuare la tipologia dei giocatori a seconda delle puntate fatte, sapere quante probabilità hanno le nostre carte di vincere e agire di conseguenza, capire quando è il momento di andare avanti e quando di ritirarsi.
Avere di fronte, dall’altra parte dello schermo, avversari che pensano esattamente quello che pensiamo noi rende il gioco autentico, mentre scontrarsi con una macchina implica casualità e fa venire meno la sfida del “sono più bravo e astuto di te”. D’altra parte la teoria della mente è traducibile con “Io penso che tu pensi…”, con l’essere capaci d’immaginare intenzioni, pensieri ed emozioni di un’altra persona, cosa impossibile da fare con una macchina.