1984 di George Orwell. L’ho riletto a distanza di 14 anni perché “gli scritti più vicini alla perfezione, hanno questa proprietà, che ordinariamente alla seconda lettura piacciono più che alla prima.” (G. Leopardi)
[ads2] 1984:1948=futuro (immaginato da Orwell):presente (della stesura del libro).
Siamo all’indomani della Seconda Guerra Mondiale.
Una coltre radioattiva di sangue e disperazione pervade i gangli vitali della società.
Gli eventi storico-politici (totalitarismo, Olocausto nucleare) alimentano di un’inquietudine sorda ogni pensiero appena al di là del contingente. E il positivo delle antiche, confortanti utopie di Bacone, Moro, Campanella, viene seppellito nella proiezione del suo negativo: uno Stato, l’Oceania, in cui campeggia l’inquietante cartello, affisso in ogni luogo reale e immaginario, con la faccia dai baffi neri che ammonisce, minaccioso per pochissimi, rassicurante per la stragrande maggioranza: il Grande Fratello vi guarda.
Un Partito che si prefigge e persegue, con angosciante metodicità, la falsificazione e l’annientamento della memoria storica, la corruzione del linguaggio attraverso la Neolingua.
Era sottinteso come, una volta che la Neolingua fosse stata definitivamente adottata (…), un pensiero eretico (e cioè un pensiero in contrasto con i principi del Socing) sarebbe stato letteralmente impensabile, per quanto almeno il pensiero dipende dalle parole con cui è suscettibile di essere espresso.
E non è il guardare fisico del controllo, del “fiato sul collo” che può venire, ad esempio, da un pedinamento, a dare contezza dell’accerchiamento. Nossignore. Nel Socing di “1984″ vi è il monitoraggio del teleschermo capace di “leggere” ogni cosa e ogni espressione, persino una sfumatura di cedimento nell’osservanza dei dogmi del Grande Fratello. E quindi, l’Oceania è ed è sempre stata in guerra con l’Eurasia. Dopo un arco di tempo più o meno lungo, l’Oceania è ed è sempre stata in guerra con l’Estasia.
Del mutamento, del cambio nelle sorti della guerra, nessuno è messo in condizione di accorgersene. E questo perché, al Ministero della Verità presso cui lavora Winston (il protagonista del romanzo), ci si impegna febbrilmente, fin nel momento stesso in cui avviene il presunto cambiamento, a neutralizzarlo: si “vaporizzano” i libri che tramandano l’eresia di una guerra dell’Oceania con l’Eurasia, si riscrivono gli articoli veri ora divenuti irrimediabilmente falsi, si ritoccano le fotografie che non riproducono più la sempiterna verità.
Il cambiamento esiste nel momento in cui c’è un qualcosa, un documento che possa attestarlo. Quando però, nel Socing del “1984” ogni fonte viene distrutta, ogni mutamento anestetizzato con la rimozione del precedente che lo certifica, si è in un presente senza fine che non può essere smentito; manca, difatti, ogni traccia di passato. E quindi l’Oceania è ed è sempre stata in guerra con l’Estasia.
Qualora poi, come pure cerca di fare Winston, ci si ostina a conservare il ricordo flebile, dubbioso, di un’altra guerra, di un’altra Londra (“cercava di spremere dal cervello quelle memorie dell’infanzia che gli dicessero se Londra era sempre stata così”), ebbene, in questo stesso momento, interviene la Psicopolizia a ristabilire la Verità.
Inutilmente Winston cercare la salvezza in Julia, una donna capace di ribellarsi al “ventre freddo” delle donne di “1984” che si accoppiano solo per procreare.
Il loro amore, assurdo e rivoluzionario, sarà presto svelato e denunciato. E proprio quando si sentiranno pienamente parte della Fratellanza di Goldstein (il traditore “Nemico del Popolo” che viene fatto oggetto dei più turpi improperi nei catartici Due Minuti d’Odio) perché in possesso del Libro (!), Winston e Julia saranno catturati e condotti nel Ministero dell’Amore (ossimoro, quest’ultimo, in perfetta sintonia con i tre slogan del Partito: la guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza).
Qui Winston viene torturato, affamato, sottoposto a scariche elettriche proprio da O’Brien, l’uomo che egli pensava facesse parte della Fratellanza. E nel momento in cui il protagonista, pur nella sua discesa agli inferi, si rifiuta di ammettere che “2+2=5”, facendo appello ad una presunta, incontrovertibile umanità che non può soccombere all’illogicità di quest’asserzione, O’Brien lo fa guardare allo specchio.
Winston si vede e si scopre disumano.
Tu stai morendo, stai cadendo a pezzi. Che sei? Un sacco d’immondizie (…). La vedi quella cosa che ti sta guardando? Quella è l’ultimo uomo. Se tu sei un uomo, quella è l’umanità. (…)
Eppure, dall’infima miseria della sua condizione attuale, nonostante abbia confessato tutto quello che gli hanno voluto far confessare, Winston ha conservato un atomo di ribellione: Julia non l’ha ancora tradita, non ha ancora smesso di considerarla una via d’uscita dalla fine.
O’Brien lo sa e capisce che “è venuto il momento di fare l’ultimo passo”.
La mostruosa stanza 101 si staglia, annichilente nel suo carico di simbolismo, alla vista di Winston.
Una paura ancestrale, capace – questa sì- di sprofondarlo nella perdizione, è a un centimetro da lui.
<Fatelo a Julia! Fatelo a Julia! Non a me! Julia! Non me ne importa niente di quello che le fate. Laceratele la faccia, rodetela all’osso. Non a me. Julia! Non a me!>
E così Winston, morto irrimediabilmente proprio nel momento in cui viene reinserito nel Socing di “1984”, “era riuscito vincitore su se medesimo. Amava il Grande Fratello“.