“Non mi sento un’artista, ma qualunque cosa io sia, lo sono h 24”: le parole della giovanissima Paola Pedrizzi mentre ci mostra le sue opere.
Paola Pedrizzi, per gli amici Peccia, è una venticinquenne salernitana con i capelli di un rosso acceso, come accesa è la sua passione per l’arte. Paola disegna da sempre, e oggi dice: “Disegnare era quello che volevo fare fin da piccola”. Ebbene sì, da quando ha iniziato, Paola Pedrizzi non ha mai smesso di farlo. Animando sempre più la fiamma della sua passione, ha frequentato l’Accademia di Belle Arti a Napoli e, nonostante le difficoltà al momento della scelta post-diploma, non si è lasciata demoralizzare. Ha fatto la sua scelta per passione e, consapevole che sarebbe stato difficile poter vivere di sola arte, si è iscritta all’indirizzo di Pittura conseguendo la laurea triennale.
Il suo lavoro di tesi sulla solitudine del cittadino globale, sull’individualismo di massa, sui social network – considerati da Paola Pedrizzi “asocial network” – e sul compito dell’arte oggi, fa di lei un’artista matura; nonostante non voglia che la si chiami “artista”, è attenta alle dinamiche contemporanee dell’arte e della comunicazione. Alla fine dell’Università s’iscrive ai corsi di illustrazione e animazione 2D della Scuola Italiana di Comix, avviandosi verso uno sbocco lavorativo, non certo facile, in quest’ambito che lei ama.
Oggi, perciò, Paola Pedrizzi pensa a dipingere e a realizzare il suo sogno: diventare un’illustratrice e animatrice 2D, anche se – parlando con lei – capiamo che non ama definizioni e categorie, sfuggendo ai concetti vuoti del pensiero occidentale. Le sue illustrazioni, su tutte quelle di L’Airone e la gru di Aleksander N. Afanasiev mostrano che le parole non servono all’arte, perché l’arte parla al cuore.
Le sue giornate sono scandite da un continuo studio e un’indomita sperimentazione di nuovi modi per poter esprimere se stessa, cercando di migliorarsi sempre. Tutto questo mentre lavora con passione e originalità alle sue commissioni. Ogni lavoro rappresenta, infatti, per lei un periodo della sua vita in cui si rispecchia, sempre con un forte senso dell’autocritica.
Tra le sue opere quella che è piaciuta di più è Indifferenziati rifiuti quotidiani, in cui l’immagine di una persona gettata nella spazzatura è quasi scioccante per chi la osserva; come ci fa notare l’autrice, però, “metaforicamente parlando, ogni persona è stata, almeno una volta nella vita, gettata e accantonata da qualcuno”.
L’opera d’arte in generale richiede tempo, non solo per l’analisi, ma anche per la realizzazione. Le opere di Paola Pedrizzi oscillano a seconda dell’ispirazione: alcune volte l’idea è immediata, altre volte necessita di tempi lunghi d’attesa, in cui l’artista ha tempo di crescere e far emergere il suo lato più profondo, da mettere nell’opera. Inoltre, la perfezione in arte – secondo Paola – si raggiunge quando la tecnica esprime tutto ciò che si aveva intenzione di comunicare, nonostante nell’opera ci sia imperfezione estetica. Benché la gente, spesso disattenta al richiamo dell’arte, inviti, con una superficialità stucchevole, Paola Pedrizzi e gli altri artisti emergenti a trovarsi un lavoro serio, Peccia continua a inseguire ciò che ama. Non svelandoci – per scaramanzia – l’opera a cui sta lavorando, ci mostra i suoi quadri.
Osservando bene For a minute there, I lost myself e fermandoci a riflettere insieme all’autrice, alla nostra domanda: “In una società della comunicazione virtuale e della condivisione immediata delle nostre vite, dettate dall’apparenza contro l’essenza, quanto conta sapersi isolare, sentire l’esigenza di restare soli con se stessi per lasciar emergere un’idea, oltre il bisogno di essere sempre connessi e collegati agli altri?”
Paola risponde: “Conta tantissimo. La tecnologia, seppur abbia creato apparentemente mezzi di aggregazione sociale, di fatto, nel compiere le azioni separatamente, restiamo individui isolati. È questo, com’è visibile sui social network, che accentua il nostro desiderio di comunicazione e di attenzione. Tutti noi, infatti, pubblichiamo messaggi o foto per soddisfare un desiderio di autoaffermazione sociale, sperando di ottenere più “mi piace” possibili. Sulla bacheca di Facebook, però, ogni singolo elemento si mescola con gli altri, e il bombardamento d’informazioni che ne deriva ci provoca un accecamento e ci distacca da tutto, rendendoci insensibili. Nessuna informazione, di conseguenza, risulta più importante di un’altra perché, nell’insieme, ognuna si priva del suo senso e, in questo contesto, per poter creare diventa indispensabile restare soli, per ricercare la propria soggettività lontano dal virtuale. Allo stesso tempo Facebook risulta un potente mezzo di diffusione e ha la sua utilità”.
Convinti che l’arte passi attraverso una educazione artistica e culturale le chiediamo se l’insegnamento può realmente aiutare nella scoperta di passioni.
Paola ci risponde che da piccoli non si è in possesso del bagaglio culturale per poter affermare al 100% una passione, ma la si sperimenta sotto forma di giochi e, in questo, l’insegnamento, fornendo le basi su cui fondarla, ha un ruolo importantissimo.
Guardando la sua ultima illustrazione Atteone sbranato dai cani, la lasciamo ai suoi lavori, augurandole di realizzare il suo sogno: diventare illustratrice e animatrice 2D.
La Salerno che ci piace è questa: una città che, attraverso il talento di Paola Pedrizzi e tanti altri, crea arte.