In mostra presso Spazio Zero11 le opere di Ciro Palladino, maestro di Torre del Greco, con “L’abisso e il labirinto”, a cura di Franco Cipriano
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«Nell’arte, il vedere è vedere abissi», scrive Franco Cipriano riflettendo sulla mostra in corso presso Spazio Zero11 di Torre Annunziata dal titolo “L’abisso e il labirinto”, con opere di Ciro Palladino. Vedere è un atto di ricezione, l’occhio accoglie l’immagine, rimandando poi una elaborazione di questa al cervello. Cos’è un abisso se non una profondità senza uscita? Ed ecco che si materializza il labirinto. Così continua Cipriano: «Nella processualità generativa del linguaggio della pittura, nell’opera di Ciro Palladino, l’ibridazione tra materia e immagine dello spazio espressivo rivela la stratificata ‘profondità’ della superficie che oscilla tra evocazione e gesto, incrociandone il generarsi in pictura, in ‘imago’ che si fa spazio corporeo».
Osservando i dipinti di Ciro Palladino sembra inevitabile non farsi catturare dall’ipnosi abissale del nero. In una digressione temporale, si può pensare al suo uso in Manet come accezione dell’incedere della modernità, nella duplice essenza baudelairiana di eternità e mutevolezza, un’oscurità che rendeva orfana la pittura dai suoi “orpelli”. Invece i levigati Black paintings di Rauschenberg se da un lato includevano l’ombra dello spettatore, dall’altro la sperimentale concezione dei termini pittorici si avvicina al caso di Palladino dove il non-colore si stratifica in una visione labirintica dell’essere. La sua è una corporeità materica che si coglie negli interstizi e nelle screpolature del supporto.
«…il nero della tela, privo di confini si espande indolente catturando tutto ciò che si muove e che lo circonda, creando indefinibili esodi dove, nella solitudine e smarrimento, silenziosamente quasi d’incanto arriva l’eco dell’ombra! Perdersi nella pittura e nella materia, meravigliarsi della sensazione di sentire il segno come ferita sulla pelle… un labirinto di tracce e presenze alla ricerca dell’ “IO SONO L’ALTRO” come anima perduta nel più nero del nero», scrive Ciro Palladino della sua pittura.
Tra le righe si può cogliere una poetica che si configura come una lotta con i fondamenti pittorici, un’impresa titanica tra essenza e presenza. Corpi, oggetti, forme emergono dal fondo nero, fino ad invadere lo spazio. L’osservatore si trova su un confine, tra l’esclusione e l’inclusione, sospeso tra cortine e schegge di specchi. È una selezione che opera Palladino nella precisa intenzione di cedere una parte, estremamente controllata, all’eventuale immersione del corpo del visitatore. Così corpi rappresentati e corpi presentati dalla riflessione si affrontano continuamente nei risvolti imprevisti delle sue opere.
Elementi, segni, parole invitano a seguire le orme lasciate da Palladino tra i meandri labirintici del nero. Perdersi è quasi un obbligo, trovarsi una necessità nella trama intessuta dall’artista. «In tal modo le metonimiche epifanie, nella molteplice suggestione dei rimandi finiscono per precipitare in quella che l’artista stesso preannuncia e vaticina: l’eclissi dell’anima», osserva il dirigente del Liceo artistico De Chirico Felicio Izzo.
La mostra “L’abisso e il labirinto” sarà visitabile fino al prossimo 7 aprile.
Info:
Liceo Artistico G.De Chirico,
Via V. Veneto,514, Torre Annunziata (Na)
12 marzo / 7 aprile 2016
Dalle 10 alle 13.30 o su appuntamento
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