Ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona: una storia di buona sanità
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Pronto soccorso, ricovero e lunga degenza per una patologia di importante entità: pancreatite acuta.
Diagnosi questa, che spaventerebbe tutti, soprattutto se riguarda una ragazza diversamente abile che riesce a esprimere con poca esattezza sintomi e problemi.
Ma come si dice in genere “Il buon giorno si vede dal mattino”, infatti alle 04:30 di sabato 9 aprile 2016, l’accoglienza all’ospedale Ruggi d’Aragona di Salerno fu provvidenziale.
Il dottore di turno, Aiello, comprese immediatamente la natura dei forti dolori addominali che accusava mia sorella Simona facendo indagini appropriate, prestando le adeguate prime cure e disponendo il ricovero. Durante le ore di pronto soccorso, Simona, è stata assistita e ascoltata con dedizione, affetto e professionalità da Wagda Ramadan, una giovane infermiera, anche lei di turno quella notte.
Ma la nostra avventura continua in reparto medicina d’urgenza e qui è la dott.ssa Sessa a prendere in cura magistralmente Simona e in parte anche noi familiari, con grande sensibilità e sicurezza la dottoressa ci ha condotti sulla giusta strada verso la guarigione.
Otto i giorni di degenza al reparto O.B.I.; per noi familiari c’era di tutto: paura, ansia, sconforto, rabbia, disorientamento e spavento per la malattia e per l’eventuale reazione che avrebbe potuto avere Simona, dato che in pregressi ricoveri ha sempre affrontato drammaticamente la situazione. Ci sentivamo come delle piccole formiche a cui era stato affidato l’arduo compito di smuovere una montagna, un’impresa a primo acchito insormontabile.
Invece, fortunatamente, non è stato così!
Tutti questi presupposti negativi hanno fatto man mano largo all’accettazione del problema, alla speranza e alla voglia di farcela grazie alla competenza e alla disponibilità di tutto il personale infermieristico, ahimè troppo spesso poco apprezzato.
Premetto che nella mia vita non avevo mai fatto esperienza di ricovero ospedaliero e ora mi trovavo ad assistere mia sorella in quella che era già stata preannunciata una lunga degenza, quindi ero un po’ condizionata dalle pubbliche dicerie e non immaginavo a cosa sarei andata incontro.
Ebbene, mi sono imbattuta in braccia che stringevano forte Simona e me e i miei genitori, ho incontrato parole di conforto, baci d’affetto, sensibilità ma anche risate e qualche selfie, tutte cose che hanno fatto si che quel tragico momento si superasse nel migliore dei modi.
Quella montagna da smuovere diventava sempre più piccola e io non ero più sola ma potevo contare sul prezioso aiuto di tutti gli operatori del reparto, Simona stava sempre un po’ meglio e pian piano cominciava a venir fuori anche il suo carattere solare ed espansivo, era diventata un po’ la mascotte di tutti.
Ogni abbraccio, bacio, carezza o saluto era come una dose di terapia sana che ha molto contribuito alla sua guarigione, mentre per noi familiari è stato come ricevere il doppio delle attenzioni e dell’affetto dato a lei.
Quando poi la mia mente è stata un po’ più libera , mi sono fermata a osservare bene il lavoro di quella grande squadra e non ho visto dipendenti o meri esecutori a lavoro.
Ho visto anime che in corpi lesti e distinti, inesauribilmente, si donavano ai degenti per tutta la durata del loro turno, accogliendo e assistendo un paziente e l’altro con il sorriso e la competenza adeguata risolvendo i loro problemi come se fossero i propri.
Li ho visti scattare ad ogni suono di campanello a ogni ora del giorno o della notte, ho visto rassicurare tutti quanti erano preoccupati, fare terapie con grande attenzione ed essere disponibili con tutti, anche con chi , come me è stato particolarmente apprensivo.
Credo, che qualsiasi parola o gesto di ringraziamento non potrà mai esprimere a pieno e ripagare nella giusta misura le attenzioni e la professionalità del lavoro svolto da tutto il personale infermieristico e socio sanitario coordinato dal responsabile Francesco Petrosino.
Uguale competenza e disponibilità abbiamo incontrato anche durante la degenza durata dieci giorni presso il reparto di medicina donne, coordinato dalla dottoressa De Donato, donna di impeccabile professionalità e sensibilità.
Questa testimonianza vuole mettere in luce la realtà dei fatti che troppo spesso vengono oscurati, perché si sa che fa più rumore un ramo che cade a dispetto di una foresta che germoglia.
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