Nel ricordo di Pier Paolo Pasolini e nell’ambito della rassegna Notte Pasolini e per il Cinema Ritrovato della Cineteca di Bologna, il cinema Apollo aderendo all’iniziativa, ripropone Salò o le 120 giornate di Sodoma
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“L’uomo crede di volere la libertà. In realtà ne ha una grande paura. Perché? Perché la libertà lo obbliga a prendere decisioni e le decisioni comportano rischi”.
Questa citazione di Eric Fromm aleggiava come un fantasma nei miei pensieri mentre guardavo Salò o le 120 giornate di Sodoma, film denuncia di Pier Paolo Pasolini nel giorno della sua morte, il 2 novembre, che per ironia della sorte è proprio il giorno dei defunti.
Il film, come l’autore stesso dichiarò in un’intervista, s’ispira al controverso romanzo incompiuto di D.A. F. de Sade che rientrava, per i temi, nella così detta “filosofia del vizio” nella quale de Sade esprime la ribellione di alcune forme di espressione di sé che perbenisti e uomini di chiesa si ostinano a definire contro natura.
Nel racconto si narrano appunto libertà e perversioni sessuali.
Pasolini riprende questo tema e lo fa proprio trasponendo il racconto nell’ultima fase del Fascismo, più precisamente nel 1944-45 al tempo della Repubblica di Salò.
A proposito del romanzo e del sesso, tema sostanzialmente centrale ma superficiale del libro e poi del film, che rimanda piuttosto ad altro, Pasolini dichiarò che il sesso quello più felice era quello delle epoche repressive nelle quali era proibito. In quel caso esso si manifestava nella massima libertà e gioia. Nelle società così dette tolleranti, e quindi anche nella nostra, diceva l’autore, sembra che certe cose vengano permesse, ma non è così.
Quella di Pasolini diventa una denuncia del potere, di qualsiasi tipo, sui corpi. Pasolini ci dice che siamo continuamente sodomizzati dal potere e ciò si vede attraverso la società consumistica in cui viviamo, si vede nelle scelte che operiamo e che sono di fatto volute e pilotate da un potere che non ci vuole individui, ma massa. Una massa che parla, agisce e si esprime allo stesso modo.
Il film fu girato nel 1975, quarant’anni fa, proprio l’anno della morte di Pasolini, e in un certo senso è il testamento del regista. A sentire le parole dell’autore sembra che queste siano rivolte ad una platea contemporanea e fa orrore pensare che molto poco è cambiato da allora. Ancora oggi i poteri, di qualsiasi natura essi siano, cercano di manipolare le masse.
Qui veniamo alla citazione di Fromm, riportata nel corso del reading di introduzione dal giornalista Davide Speranza, che d’altra parte parla di un uomo che forse non preferisce la libertà perché questa comporterebbe delle scelte.
E proprio la generazione contemporanea, quella in particolare dei giovani, è una generazione che non sa scegliere, perché bombardata da mille opportunità, offerte e possibilità.
E allora il pensiero che continuamente mi frullava nella testa mentre guardavo le immagini esplicite del film di Pasolini era: c’è speranza che questo orrore finisca?
Ci fa davvero comodo che qualcuno scelga per noi? Che ci dica come parlare, cosa dire, come vestirci e cosa acquistare?
I giovani che nel film vengono continuamente seviziati, torturati e sfruttati si muovono e si comportano come automi, ma qualcuno talvolta alza la testa e si ribella come può o cerca di scappare, ma inevitabilmente soccombe.
È questo quello che succede a chi vuole andare controcorrente? Mi piace pensare di no, mi piace pensare che autori come de Sade, Fromm e Pasolini abbiano creato queste opere per darci una scossa, e non ha importanza quando decideremo finalmente di svegliarci, ma purché accada.
Il film rientrava nella rassegna Notte Pasolini Atto III organizzata dal Prof. Alfonso Amendola che ha visto un reading iniziale appunto, che ha visto susseguirsi lo stesso Prof. Amendola con “Oggi son tanto triste – Esegesi dell’inferno” e il racconto di Elio Goka e Davide Speranza “Senza spargimento di sangue”.
Poco prima dell’inizio della proiezione che ha avuto luogo nel cinema Apollo di Salerno, l’attore Antonio Grimaldi ha eseguito una performance dal titolo “Io e la mia croce”.
Il film è stato introdotto da un trailer in cui lo stesso Grimaldi viene ripreso mentre fa partire una vecchia cinepresa.
Il video, realizzato da Giuseppe Volpicelli, ci riporta indietro nel tempo, come se fossimo davvero nel 1975.
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