Ieri sera, presso la sede di Polis SA in via Pecorari 61, ha avuto luogo il primo incontro della rassegna “Città Che Legge”
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Le letture di Ninfa Plebea e dello scrittore nocerino-napoletano Domenico Rea (Premio Strega 1993), a cura di Davide Speranza e con la critica di Francesco Forte. Le musiche di accompagnamento sono state realizzate dal gruppo Ensemble Liceum del maestro Vincenzo Volpe. Ecco svolta la prima rassegna “Città che Legge
La sala gremita di persone, ospitava chi aveva già letto il libro e chi si era lasciato incuriosire dalle premesse.
Gli estratti scelti erano quelli incentrati a Nofi, la Nocera Inferiore romanzata, i racconti della festività di Mater Domini di Nocera Superiore, da cui è nato anche un dibattito sulla veridicità dei fatti narrati. Qualcuno ha fatto notare che qualche volta Rea ha demonizzato i protagonisti del libro, interrogandosi sugli avvenimenti che hanno così tanto influito sulle opinioni di Rea. In quegli anni Nocera Inferiore aveva un flusso turistico molto forte, accentuato dal ricambio frequente di militari che abitavano nelle due caserme, per un ammontare di 4mila persone.
Rea ricoprì anche il ruolo di segretario, per un breve periodo, nel comune di Nocera Inferiore.
Il suo stile crudo, la sua tecnica del pedinamento, le sue performance del “vivo la vita e la descrivo mentre la vivo” e l’essere parte integrante del gruppo sperimentalista del ’63 gli causarono un enorme successo in Francia ed in Russia, molto più di quello ottenuto nel suo paese di provenienza. Forte lo paragona a Pasolini, racconta della “rivoluzione nello stile”, delle tecniche linguistiche acquisite mediante lo studio di 10 vocaboli al giorno da un dizionario Zanichelli, lo avvicina ancora a Verga per poi distaccarlo, perché Rea introduce la concezione della mobilità e non della necessità, per lui un lieto fine esiste ed esiste una catarsi (rappresentata dal viaggio che Miluzza compie con Pietro, il giovane di Corbara).
Perché Corbara esiste, mentre Nofi è romanzata? E’ letteratura, una licenza poetica dell’autore. Le risonanze e le influenze di Giovanni Boccaccio sono vivide e rendono Domenico Rea un autore d’altri tempi, nonostante la sua più che nota attualità.
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