Dopo il miracoloso salvataggio della neonata portata al Ruggi martedì corso, interviene il primario Corbo per evidenziare i disagi, ma anche i meriti
[ads1] Martedì scorso una madre non ancora maggiorenne ha portato all’ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona una neonata, venuta alla luce in casa, una settimana prima del previsto. I medici hanno svolto un lavoro eccellente per ristabilirne i parametri vitali. A causa dei mancati collegamenti con il Nido, che si trovava al sesto piano, i medici sono stati costretti ad effettuare un percorso di emergenza pericoloso durante il quale la neonata poteva rischiare di nuovo la vita.
Alla luce di questo episodio increscioso per la reputazione del Ruggi, il quotidiano La Città riporta le dichiarazioni del primario del Reparto di Terapia Intensiva Neonatale Graziella Corbo: “La bambina nata in casa martedì sera e trasportata dalla mamma al pronto soccorso del Ruggi è in buone condizioni. È tenuta in osservazione, ma si è ripresa ottimamente.
Occorre che venga monitorata ancora un po’ di tempo per confermare in via definitiva che tutto sia a posto, visto che quando è arrivata era in condizioni di rischio generale ed in prognosi riservata. Ma possiamo dire che il decorso è del tutto favorevole.
Si è trattato di un evento del tutto eccezionale, oramai è davvero rarissimo che si nasca in casa, ma il parto in questo caso è stato naturale, precipitoso e inaspettato, ed è chiaro che in questo modo si possano correre dei rischi. La gravidanza non ha presentato nel corso del tempo fattori di rischio.
Ora è in incubatrice perché è un ambiente protetto. Vi è un microclima ideale per cui la bambina, non deve sforzarsi, e quindi consumare energia, per mantenere la temperatura corporea, quindi c’è stata anche un po’ di fortuna.
È una fortuna anche che in ospedale ci sia un reparto di Terapia neonatale. In verità rispetto agli orari imposti dalla legge 161 né il mio reparto né quello di Ostetricia hanno subito contraccolpi. Riusciamo a lavorare rispettando i turni e a garantire continuità nell’assistenza.
Il problema della lontananza dei reparti dal pronto soccorso esiste, come ha dimostrato il caso della piccola nata in casa: per raggiungere il nido al sesto piano, non è stato possibile usare l’ascensore per cui la bimba è stata portata a piedi attraverso un percorso non protetto. É un problema diffuso, nel senso che riguarda tutte le strutture di tutti i presìdi del Paese, per come sono stati concepiti gli ospedali.
In Spagna, in via sperimentale, sono in corso altre modalità di lavoro, visto che i tempi di raggiungimento dei reparti dal pronto soccorso rappresentano un problema si sta optando per ospedali senza reparti. E con tre aree: lieve, moderata e grave-urgente.
Secondo le esigenze e i casi specifici, dopo la diagnosi e l’intensità di cura stabilita, sarà il medico ad andare dal paziente e non il paziente ad essere trasportato in reparto. L’équipe si costituisce di volta in volta, in base all’intervento che occorre fare”.
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