Il convegno si è riferito agli anni della ricostruzione come il simbolo di una speranza, poi soddisfatta, di un paese in ginocchio e che sono definiti gli anni del miracolo italiano
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“Questo è il nostro paese, non vi fate ingannare, non vi fate raccontare altre storie, non vi fare raccontare che non ce la possiamo fare, perché il nostro paese lo hanno fatto gli anziani che stanno attraversando adesso la Villa Comunale. Lo abbiamo fatto noi e lo abbiamo fatto con coraggio e bellezza”, così Francesco Pinto ai giovani presenti.
Organizzato dai giovani rotariani dei diversi circoli di Salerno e patrocinata dagli stessi, con il supporto del Comune di Salerno, si è tenuto questa mattina nel Salone dei marmi della casa comunale di Salerno, il convegno “I giovani e il patrimonio della città di Salerno”, relazionato dal dottor Francesco Pinto, direttore della RAI di Napoli, che in quest’occasione ha presentato il suo documentario “Quegli anni formidabili”.
Ha aperto il convegno il sindaco f.f. Vincenzo Napoli, che ha salutato i giovani presenti, con l’augurio di un futuro luminoso e riconoscendo in essi la classe dirigente che sta crescendo. Presentando il tema del convegno, si è riferito agli anni della ricostruzione come il simbolo di una speranza, poi soddisfatta, di un paese in ginocchio e che, adeguatamente, sono definiti gli anni del miracolo italiano. Il sindaco ha dato risalto proprio alla speranza di quegli anni, notando come ora essa si riflette nella nostra gioventù, ben rappresentata dall’assemblea e dai giovani promotori dell’evento.
A tenere i saluti di rito è stata la presidente di Interact Salerno, mentre il presidente di Rotaract Duomo, Giuseppe Barbato ha brevemente illustrato il ruolo dell’associazione internazionale lì presente con i suoi numerosi circoli salernitani: l’associazione mira alla promozione del territorio, attraverso anche iniziative di solidarietà, e mira alla costruzione di un tessuto sociale forte, dove ognuno possa dare il suo contributo e dove il contributo migliore possa essere promosso, coltivato. Il Presidente Barbato ha detto ai giovani “siamo qui a braccia aperte ad accogliervi”, offrendo a tutti i giovani la possibilità di contribuire personalmente al miglioramento della realtà sociale.
In effetti, motore di ogni sviluppo sociale, e fine di questa iniziativa, sono la conoscenza del territorio e la cura di un genuino senso di appartenenza: come è stato ben detto, raccogliere le proposte per la promozione del territorio da tutti gli istituti scolastici è un modo per seminare pace in un periodo così ricco di conflittualità.
Interessante anche l’intervento dell’Assessore alla pubblica istruzione Eva Avossa, che ha espresso compiacimento verso l’attività di questi club e che, sulla linea delle iniziative tese a valorizzare il territorio puntando sulla gioventù, ha fatto rifermento a “La Scuola adotta un monumento”, programma tanto caro alle scuole salernitane e che vide anche il plauso del Presidente Napolitano.
Il dott. Pinto è stato magistrale: spiegando ai giovani che la sua presentazione sarebbe stata il racconto di “una storia i cui protagonisti sono gli anziani della città, quelli che passeggiano alla Villa Comunale, i vostri nonni, gli amici dei vostri genitori” – quegli anziani magari biasimati per la loro lentezza, incapacità ad approcciarsi coi moderni mezzi di comunicazione o col telecomando – ha catturato l’attenzione di tutta l’assemblea, e l’ha mantenuta alta con l’affascinante stile della fabula, forte della semplicità delle storie vere ma incredibili e con l’orgoglio di chi sa di appartenere alla storia che sta ricordando: non una storia di qualche persona o gruppo sociale, ma la storia di un’intera generazione, una generazione che ha ricevuto un paese umiliato e stremato da un conflitto armato e che ha saputo restituire al mondo un paese degno di ogni ammirazione.
“Quegli anni formidabili” oggetto del documentario coprono un arco temporale di dodici anni, e per rendere l’idea della trasformazione vissuta dalla nostra nazione, Pinto ha ricordato le Olimpiadi di Londra, a cui i Paesi grandi quasi non ci ritenevano degni di partecipare. In queste Olimpiadi un contadino veneto, Adolfo Consolini, regalò non solo l’oro al nostro Paese ma anche una lezione di identità nazionale. È in effetti curioso sentire – soprattutto in questi tempi in cui la contrapposizione nord-sud fa persino spettacolo – come Consolini decise di agire quando, al momento della premiazione, non si trovava in alcun modo l’inno italiano da cantare dal podio (l’inno era ancora giovane!): Consolini decise di cantare, da quel podio, dall’alto del suo primo posto, O’ Sole Mio.
Dopo dodici anni, lo stesso uomo, risalirà sul Palco delle Olimpiadi per prestare il giuramento Olimpico, questa volta però, le Olimpiadi si terranno Roma.
Cosa era accaduto, in quei dodici anni, perché la Nazione sconfitta, ritenuta addirittura quasi indegna di poter partecipare alle Olimpiadi inglesi del ’48, fosse poi la sede dei giochi olimpici del 1960?
La presentazione di Pinto, velatamente malinconica ma accesa di passione ed orgoglio verso quello che i nostri avi hanno saputo dimostrare, ha risposto a questa domanda, e lo ha fatto con quella particolare capacità di toccare le corde dell’animo propria solo della sacralità che riveste, per ognuno, il ricordo degli Avi: Pinto ha dimostrato che la storia di ognuno non è mai slegata dalla storia del suo Paese.
Filo conduttore di questo percorso, che definirei più emozionale che storico, sono state le vicende legate alla costruzione dell’Autostrada del Sole, che ha collegato Nord e Sud in tempi brevi ed è addirittura esemplare nel suo genere: è stata conclusa in 7 anni e dieci mesi, con una media di 90 Km/anno, segnando un record imbattuto ancor oggi persino dai cinesi.
Il convegno è stato dinamico, di taglio quasi televisivo, privo di tempi morti e sempre diretto, con un sapiente utilizzo di video-riferimenti e con un equilibrato ricorso a brani musicali – magnificamente eseguiti dal coro presente – inerenti non solo al periodo in parola ma anche alle tematiche trattate.
Il relatore ha lanciato diversi motivi di riflessione agli studenti in sala; quella che ha colpito chi sta scrivendo è caduta mentre parlava del Prof. Luigi Broglio, che diede vita alla prima Cattedra di ingegneria aerospaziale in Italia e che mandò il suo studente più promettente, Carlo Buongiorno, a studiare in America. In quell’occasione lo invitò a non restare in America gli chiese di tornare perché il Paese aveva bisogno di lui; così, Pinto ha detto ai giovani presenti: “Quando un professore universitario vi dice di andare all’estero, chiedetegli perché? Anche in passato i giovani andavano a studiare all’estero, ma poi tornavano”.
La platea è rimasta per tutto il tempo in interessato silenzio – non è facile con studenti delle medie e superiori – e qualcuno tra i più grandi, ascoltando queste storie si è commosso, rivedendo i volti dei propri nonni e genitori impegnati a costruire, con gli altri, quel tempo.
Entusiasti anche i formatori che hanno accompagnato le classi all’evento; di tutte le impressioni raccolte, quella del professore Vitale, insegnante presso l’ISIS Giovanni XXIII ex istituto nautico, sembra quella che sinteticamente ben rappresenta anche le altre: ha detto che “questa manifestazione ci proietta nel futuro, spronandoci a fare come i nostri padri”, insegnando ai nostri figli di fare altrettanto: “cose grandi e belle che danno un futuro radioso all’Italia”.
Al termine del convegno, è stato cantato l’Inno d’Italia, e tutti abbiamo saldato al cuore un po’ di orgoglio in più per questo Paese che quando ha chiesto aiuto alle nazioni più grandi, lo ha fatto come un bambino ma, quando ha restituito, lo ha fatto da gigante.
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