Lo scorso venerdì 1 marzo si è aperta al MARTE l’esposizione ‘Quod video est’ del fotografo Michele Calocero. A presentare l’Esposizione Marcello Francolini, che si è occupato di redigere la scheda critica delle opere.
Calocero da sempre sperimenta la tecnica fotografica non già come tecnica, ma come mezzo di conoscenza: “Non fotografo il mondo ma, nelle mie fotografie del mondo, indago me stesso”, recita la brochure della mostra.
Il procedimento utilizzato dal fotografo prevede in primo luogo il recarsi in alcuni luoghi ben precisi e suggestivi (Monti Alburni, Punta Licosa, Piana del Sele, Salento) e con potenti teleobiettivi catturare una porzione dello spazio a lui circostante così come si farebbe nel fotografare una particella della crosta terrestre o lunare da un satellite.
Lo spazio catturato non è mai spazio e basta: è la densa riflessione meditata, e la scelta di un ‘segno’, che si fa segno proprio attraverso il gesto dello scatto fotografico, mezzo scelto consapevolmente dall’artista come il più “empatico”, secondo le sue parole. Fotografia come strumento empatico che prima di raccogliere la testimonianza di un vissuto e del reale, raccoglie l’esperienza personale, i ricordi dell’artista, che opera le scelte, secondo criteri personali, sul cosa immortalare con lo scatto.
A distanza, tramite teleobiettivi, la porzione di muro, di corteccia, di pietra, è scelta e poi impressa sulla fotografia (ottima la scelta di utilizzare vernici ecocompatibili). Ciò che ne deriva è un segno, che sarà di volta in volta, come lo stesso Calocero spiega durante il vernissage, re-interpretato e risemantizzato dal fruitore dell’opera.
Questo il sito per conoscere gli altri lavori di Michele Calocero:
http://www.michelecalocero.it/
(Fotografie di Jacopo Naddeo)