L’Associazione “La cittadella” ha promosso ieri pomeriggio a Palazzo S. Agostino di Salerno, il convegno “Matrimoni e Famiglie di fatto: discipline giuridiche a confronto”
[ads1]L’Associazione “La cittadella” ha promosso il convegno dal titolo “Matrimoni e Famiglie di fatto: discipline giuridiche a confronto”, tenutosi ieri pomeriggio al Palazzo S. Agostino di Salerno. I tre relatori sono stati la prof.ssa Virginia Zambrano, ordinario all’UNISA, l’avv. Angela Amendola e il dott. Antonio Valitutti, Consigliere della Corte di Cassazione; a moderare il dibattito, con stile sobrio ed elegante, è stato l’avv. Giulio Giannattasio.
La prof.ssa Virginia Zambrano, con dedizione, ha illustrato le reazioni degli ordinamenti europei di fronte la novità e dunque la specificità delle convivenze quale esigenza da codificare: i Paesi che in modo più veloce e coerente hanno risolto il vuoto normativo sono stati quelli nord europei, quelli scandinavi; più lenta è stata la reazione degli stati più a sud, come la Francia, la Spagna e, come sappiamo, Noi.
La docente è stata molto particolareggiata nella sua relazione, facendo riferimento anche al noto concetto di società liquida, come esposto dal sociologo Bauman, e all’attuale pluralismo della morale per spiegare l’efflorescenza di tante nuove forme di coniugio relativamente deboli non coincidenti col matrimonio.
Risaltano le differenze degli ordinamenti a disciplinare le unioni di fatto, differenze che si notano già in ambito linguistico con parole che non sono perfettamente sovrapponibili tra loro, e che ovviamente attraversano anche le tecniche di disciplina: alcuni ordinamenti hanno addirittura visto scomparire il confine tra convivenze e matrimoni.
È stato anche segnalato come il nostro legislatore abbia taciuto in materia – la disciplina giuridica delle coppie di fatto è ancora una zona incolta del giardino legislativo italiano – ma su questo vuoto, la giurisprudenza non ha mancato di costruire, ora piegando gli istituti esistenti nel nostro codice, ora ispirandosi ai criteri interpretativi della giurisprudenza europea.
Proprio in ambito europeo è stata determinante l’influenza degli articoli 8 (Diritto al rispetto della vita privata e familiare) e 14 (Divieto di discriminazione) della CEDU, “grimaldello” utilizzato nel tentativo di omogeneizzare l’approccio dei paesi europei verso questi temi.
L’intervento della dott.ssa Angela Amendola, lineare ed esaustivo, ha avuto ad oggetto l’art. 709 ter del codice proc. civile; per la sua analisi ha analizzato diverse pronunce della Cassazione.
Tra tutte le importanti considerazioni poste dalla dottoressa Amendola, quella che riporto è inerente l’evoluzione del rapporto genitore-figlio: il figlio, come tale, va cresciuto ma non parleremo più di potestà genitoriale, quanto invece di responsabilità genitoriale, avendo oramai anche il figlio il dovere a contribuire al mantenimento della famiglia finché vi coabita. In effetti, in questo ambito – lo ha approfondito bene il Consigliere Valitutti – cadono le vecchie e inique discriminazioni: il figlio non è più legittimo o naturale, ma è figlio e c’è parità tra il figlio nato nel matrimonio e il figlio nato al di fuori del matrimonio (il quale, ai fini dell’accertamento del rapporto di filiazione, deve essere comunque riconosciuto).
In effetti è stato molto pregnante l’intervento del Consigliere Antonio Valitutti, che ha saputo fare sintesi di tutte le impressioni proposte e col suo intervento ha fatto corona ad un convegno riuscito in ogni suo aspetto; i punti salienti che ha ripreso il Consigliere sono stati il principio di solidarietà ex art. 2 della nostra Costituzione, filo rosso che ha segnato tutti gli interventi, il valore del concetto di Famiglia, quale “espressione naturale della primordiale attrazione tra uomo e donna” (la Costituzione Italiana all’art. 29 parla di famiglia quale società naturale fondata sul matrimonio) e ha giustapposto a questi articoli, che danno una forma ben definita al coniugio tra persone, gli articoli 11 e 117 Cost. che aprono scenari di introiezione di norme del tutto nuove, quali quelle risultanti dal combinato degli articoli 8 – 9 e 14 CEDU, come già prospettato dalla prof.ssa Zambrano.
Se è curioso immaginare come si possano definire (leggi: delineare, normare) i rapporti di chi positivamente si orienta verso una scelta che sia di stampo non matrimoniale (quindi non caratterizzata da caratteri di assolutezza e ineluttabilità) e che quindi ha scelto di dare spazio alla propria autonomia piuttosto che a doveri etici o morali determinati – e determinanti – che scaturiscono da un simile rapporto, molto meno curiosa ma più pragmatica è la risposta del diritto: come spiegava Valitutti, citando una sentenza del 2014 della Cassazione, l’unione di fatto manifesta “significative analogie con la famiglia formatasi nell’ambito di un legame matrimoniale (…)” e costituisce “il terreno fecondo sul quale possono germogliare e svilupparsi quei doveri dettati dalla morale sociale, dalla cui inosservanza discende un giudizio di riprovazione”. Dunque, altro che relazioni “liberamente e in ogni istante revocabili”! Quando parliamo di diritti assoluti, non possiamo non parlare anche di doveri perché altrimenti non stiamo parlando di cose reali: due persone che progettano insieme il futuro e che affidano la propria vita l’un l’altro, stanno costruendo qualcosa di significativo.
A questo punto, il dottor Valitutti ha voluto parlare di deontologia: ha detto ai giovani legali lì presenti che “l’avvocato non deve svolgere la sua professione in modo burocratico”, perché ogni volta che un giurista vive la propria professione in maniera distaccata dalle persone con cui ha a che fare, rovina la società. Con fermezza ha citato Pajardi, spiegando che “l’avvocato deve guadagnare bene ma con altissima professionalità, anche selezionando la fonte di guadagno”.
Convegni di questo genere sono molto preziosi per la formazione dei professionisti, anche sul piano deontologico.
Tuttavia, sarebbe stato interessante poter approfondire anche l’opportunità di regolamentare un’unione civile come offerta dal Consiglio Nazionale del Notariato che ha predisposto appositi contratti di convivenza (per ogni informazione consultare il sito www.contrattidiconvivenza.it oppure clicca sull’immagine per essere reindirizzato al sito del notariato).
Chi scrive, però, fortemente attratto dall’argomento, grazie anche alla proficuità del convegno a cui ha assistito, si è domandato “Cosa ne pensano gli italiani?”
Il Mattino, il 29 Giugno di quest’anno, ha pubblicato un sondaggio condotto da IPR Marketing, in un articolo firmato da Antonio Galdo. Il sondaggio registra «una società pronta a non vivere la religione in modo confessionale ma altrettanto decisa a difendere alcuni valori storici del suo impianto” e in questo senso l’articolo parlava di “divorzio tra politica e società reale”: sebbene i dati dimostrino che sono “cadute le barriere e le discriminazioni (…) rispetto alle scelte sessuali delle persone e i loro desideri di matrimoni», purchè, dice la maggioranza degli italiani, non si confondano con il matrimonio e i diritti e i doveri che ne scaturiscono.
Unioni civili: diritti e doveri. Il sondaggio riconosce diversi diritti ai matrimoni civili tra eterosessuali, mentre è ben diverso lo scenario nel caso di convivenze tra omosessuali; ciò nonostante c’è una gradualità simile nei diritti che si vogliono riconoscere. A riguardo è interessante notare le percentuali: per il diritto di assistenza del partner convivente in caso di ricovero ospedaliero, la maggioranza degli italiani è nettamente a favore, indistintamente dall’orientamento sessuale della coppia (85% nel caso di coppie eterosessuali, 72% nel caso di coppie omosessuali) mentre le percentuali scendono a picco nel caso si ipotizzi l’adozione (solo il 50% favorevole nel caso di matrimoni civili tra eterosessuali mentre l’85% si dice contrario nel caso di coppie omosessuali).
Da ciò risulta che nel sentire comune è avvertita con forza la necessità che la persona convivente abbia il diritto di assistere il coniuge ricoverato ma si è molto più cauti nel voler riconoscere il diritto ad adottare per le coppie civili.
Altro dato da notare è che il sondaggio dimostra che gli italiani, campionati anche per territorio (Sud – Centro – Nord), la pensano allo stesso modo.
L’articolo, lapidariamente titolava “L’Italia boccia nozze e adozioni gay, sì ai matrimoni civili” ma, come abbiamo visto, l’orientamento giurisprudenziale è andato oltre.
Antonio Galdo traduceva i risultati spiegando che, secondo gli italiani, «per non discriminare gli omosessuali non serve una legge, che rischia di confondere e sovrapporre unioni civili e matrimoni, ma bastano accordi stipulati» magari da un notaio: il valore di questa considerazione aumenta se pensiamo all’iniziativa ideata dal Consiglio del Notariato.
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