“Kepos, il giardino degli angeli caduti: L’arte è morta! Viva l’arte!” è il titolo della personale di Mario Ferrante che si svolge in questi giorni al Marte di Cava de’ Tirreni
[ads2] La mostra è una retrospettiva di vent’anni di carriera dell’artista beneventano Mario Ferrante, curata da Giuliana Sarno e Augusto Ozzella, che ricopre l’arco di tempo che va dagli anni ’90 fino al 2014. L’esposizione si articola attraverso tre fasi emblematiche dell’evoluzione artistica di Ferrante tramite l’individuazione delle parole-chiave “Negro no coração”, “Moving people” e “Kepos“. Partendo dalla produzione degli anni ’90, “Negro no coração” (Nero nel cuore), attraversa l’esperienza che Mario Ferrante ha compiuto nel Brasile. Un viaggio non solo artistico, dove i dipinti esplorano la quotidianità degli abitanti di Rio de Janeiro, ma anche emozionale, di riflessione e di conoscenza di culture diverse. Il mare, la spiaggia e la vitalità dell’infanzia caratterizzano questa prima fase, non senza una nota di malinconia in quei gesti dei bambini e ragazzi di Rio. Una frase di Ferrante legata a questo periodo descrive la situazione di povertà e speranza che si avvertiva: « […] la sua unica ricchezza era quell’aquilone. E mi sembrava un tentativo disperato di cercare un sogno, nel buio del cielo stellato, lassù dove non potevano arrivare le luci degli alberghi di lusso e dei castelli dove ridevano e brindavano gli orchi in attesa delle giovani vergini […]».
La successiva fase, “Moving people“, attraversa l’ambiente vorticoso della nostra contemporaneità, in cui Mario Ferrante ritrae la fuggevolezza della vita moderna. Tra un viaggio e l’altro, questo periodo si delinea a partire dal 2000 con un respiro internazionale in cui protagoniste sono le grandi metropoli come New York e Berlino, dove Ferrante ha compiuto mostre importanti, ma anche un momento di profonda crisi artistica. Emblematico il modo in cui ferma l’attimo nell’aeroporto Schönefeld di Berlino: « […] guardavo dalla pista la grande pancia dell’aereo che vomitava passeggeri frettolosi, ansiosi di raggiungere un amore, un affare, una magia da vivere. Ognuno con le proprie ragioni. Ma “quelli della business class” avevano ancora più fretta: non potevano “aspettare” la vita. Ho pensato che chi sta in alto ha quasi sempre ragione […]». Infine, “Kepos” ritrae singole figure appartenenti alla vita di oggi, una critica nei confronti del sistema sociale attraverso l’interpretazione che ne danno i personaggi ritratti. Ma in fondo allo smarrimento contemporaneo si trova una forza che, così come per i ragazzini di Rio de Janeiro, Mario Ferrante scorge negli occhi di uno scugnizzo napoletano: «Lo scugnizzo mi aveva raccontato dei tanti sogni infranti, delle speranze disattese, ma anche dei suoi propositi per il futuro. Mi è parso un ricco signore, con il cuore colmo di certezze; ha poi volto lo sguardo verso la stella più luminosa e mi è sembrato dicesse “anche quella è mia!” […]».
Il titolo della mostra, molto impegnativo, è stato ripreso da quello di un’opera esposta e da una precedente mostra del maestro beneventano. “Kepos, il giardino degli angeli caduti” è un riferimento alla recente produzione dell’artista ma anche alla sua ideologia, gli angeli di oggi sono i giovani ritratti in atteggiamenti anche scorretti, con immagini forti, una critica nei confronti della società e dell’arte attuale. Infatti la seconda parte del titolo recita “L’arte è morta! Viva l’arte” assume una serie di significati e di rimandi alle questioni sulla morte dell’arte che hanno acceso il dibattito critico degli ultimi anni. La morte dell’arte è simboleggiata da quegli artisti che Mario Ferrante chiama “concettuali” che hanno fatto dell’arte un “imbroglio”. Ed è per questo che nasce il suo progetto “Officina italiana delle arti” in cui raggruppa artisti appartenenti alle svariate discipline del mondo dell’arte, come pittura, musica, danza, ecc., il cui manifesto è stato presentato all’inaugurazione. L’intento di Officina italiana delle arti è ben individuato dalla specificazione “genio e regolatezza“, portando avanti un’idea di genio inteso come creatività che al tempo stesso va definita con dei parametri.
Si legge nel manifesto di Officina italiana delle arti: «[…] contro le contrapposizioni che inquietano i nostri giorni, questa sorta di Bottega si propone Territorio comune di contributi, di esperienze, di sensibilità, di coesione e di condivisione poiché l’Arte, nella sua più sublime accezione, non conosce frontiere ma esige di proporsi, estranea a schemi e regole, come Messaggio dinamico. E allora: Pittura, Scultura, Poesia, Musica, Letteratura, Teatro, Danza, Filosofia ieri; Architettura, Fotografia, Cinema oggi, siano capaci di saldare il concetto di Modernità al Passato e di proiettarsi, con umiltà e senso del confronto nella dimensione spirituale e travagliata di un Terzo Millennio ancora oscuro e irrivelato, ma pregno di ansie che solo l’autentico valore estetico, etico, culturale e spirituale dell’Arte possono sfumare». Un recupero delle qualità estetiche che è anche un’attualizzazione di tali qualità nel presente dell’arte. Mario Ferrante rivendica una formazione accademica in pittura, che poi ha rielaborato utilizzando una tecnica cosiddetta “spatolare”, in cui le forme perdono di nitidezza favorendo la dinamicità della composizione. È principalmente un artista figurativo e adotta per ogni opera un titolo, non tollerando i “senza titolo” che non esprimono la personalità e l’intento dell’autore. Insomma, Mario Ferrante propone un ritorno alla figurazione e alla tradizione della tecnica attualizzandola ai giorni nostri, ponendosi non in chiusura ma aprendosi ad una critica strutturata e attiva. Fino a che punto, però, gli ideali di Officina italiana delle arti incideranno sull’arte di questi tempi è dubbio, la proclamazione di voler fare un’arte “non luogo” in un “non tempo” (come si legge appunto nel manifesto di Officina) la scolla dalla realtà circostante, riportando in vita un certo pensiero di “arte per arte” ormai sorpassato.
La retrospettiva sarà visitabile fino al 15 dicembre 2014, per maggiori informazioni visitare il sito del Marte – Mediateca Arte Eventi.
(Immagine in evidenza dal sito marteonline.com)