Lorenzo Pavolini, all’Università di Salerno per il progetto Consistency, incontri di Letteratura Italiana ispirati alle Lezioni Americane di Italo Calvino
Secondo appuntamento con il progetto Consistency, ciclo d’incontri con autori e critici contemporanei tra i più rappresentativi dell’attuale produzione letteraria italiana, organizzato dal Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Salerno, Sezione Italianistica, diretto dal Professor Sebastiano Martelli.
Dopo l’incontro con Emanuele Trevi, dal titolo “La fine del libro come fine del mondo” (per conoscere i dettagli clicca QUI), il secondo protagonista di Consistency, ospite presso l’Aula Imbucci dell’Ateneo salernitano mercoledì 7 maggio, è lo scrittore romano Lorenzo Pavolini autore di racconti e romanzi tra cui spicca “Accanto alla tigre”.
Le pagine del libro, dolorose e nel contempo appassionate, riportano alla luce un passato amaro, sia per la storia del nostro Paese sia per la vita personale dello stesso autore. La vicenda autobiografica racconta, infatti, di un giovane Lorenzo che scopre, casualmente, tra le pagine di un libro di scuola nell’ora di storia, la vera identità di suo nonno Alessandro, spietato e crudele gerarca fascista.
La dissertazione di Lorenzo Pavolini, dal titolo “Dove Andremo a finire”, s’inserisce nel leitmotiv della rassegna Consistency che s’interroga sui “modi di finire” delle opere letterarie, studiando come, sia gli autori sia i lettori, interpretino la conclusione di un’opera.
Il progetto deve il suo nome alla sesta delle “Lezioni Americane” di Italo Calvino, rimasta incompiuta, nella quale il grande intellettuale del Novecento si proponeva di studiare “Le zone di confine dell’opera letteraria” ovvero gli incipit e soprattutto gli explicit che generano, secondo i casi, entusiasmo, sconcerto, emozione o anche indifferenza, agli occhi dei lettori.
Dove andremo a finire è anche il titolo di un numero della rivista Nuovi Argomenti della quale Lorenzo Pavolini fa parte da anni, fondata da Moravia e Carocci, che annovera tra i suoi direttori personalità del calibro di Sciascia, Pasolini e Dacia Maraini.
Attraverso il richiamo alle opere letterarie come “Cuore di tenebra” di Joseph Conrad, dove l’atteso insegnamento finale rimane inesorabilmente celato, o come “Bartleby lo scrivano” di Melville di cui pochi ricordano il finale, attraversando, ancora, le opere dense di contenuti filosofici di Kafka e gli scritti di Manzoni, Lorenzo Pavolini spiega, all’attento pubblico di studenti presenti, la sua verità sui modi di finire:
«In questo mio intervento – dice Lorenzo Pavolini – cerco di spiegare il mio punto di vista “sui modi di finire”; a mio avviso “come vanno a finire le cose” nei romanzi, in realtà, conta fino a un certo punto. Molto spesso capita di non ricordare come si concludano le vicende oppure, soprattutto nella trasposizione tra letteratura e cinema, accade che i finali vengano modificati.
Il finale è un problema del teatro della vita più che della letteratura. Oggi si avverte un forte bisogno di “non avere una fine”, basti ricordare le saghe che appartengono a uno stile narrativo che si perpetua.
Per me il cuore del romanzo è altrove, il finale è come una coda che può essere tagliata come avviene per molte specie animali che riescono a vivere anche senza di essa».
[ads2]
L’eroe per eccellenza allora resta Ulisse che, come leggiamo nel Canto XXVI dell’Inferno di Dante Alighieri, proprio quando la sua vicenda sembra giunta al tanto desiderato finale, non resiste all’ardore di “Divenir del mondo esperto e de li vizi umani e del valore” e trasforma proprio quel finale, nell’inizio del suo folle volo.
Il prossimo appuntamento del progetto Consistency è fissato per il 15 maggio alle ore 11.00 nell’aula 17 di Lettere, ospite Diego De Silva.