Continua la manifestazione Linea D’Ombra, il pomeriggio di ieri ha visto la presentazione del secondo gruppo dei cortometraggi in gara; questa volta tutti dai contenuti sociali e abbastanza forti. Il primo ad aprire la sessione è stato un lavoro di Esteban Crespo, sceneggiatore e regista spagnolo di documentari, attivo anche con storie brevi. Aquel no era yo è un corto dalle radici documentaristiche girato tra Spagna e Africa. La shttp://www.zerottonove.it/wp-admin/post.php?post=29702&action=edit&message=1toria fa leva sul racconto di un ragazzo ad una platea di universitari, sopravvissuto alla sua ex vita di bambino soldato. “Essere un soldato non è difficile: o ti abitui o muori. La cosa difficile è dimenticare quello che hai fatto e conoscere te stesso”. Deve queste parole alla persona che lo ha salvato: una dottoressa in missione che ha visto il suo compagno morire per mano dello stesso ragazzo che parla. Una storia dura dal realismo penetrante e intrusivo; dai colori scuri, quelli della penombra delle battaglie; dalla cura dei piani, ognuno con le rispettive doti di completamento emotivo; un racconto che riempie i ventiquattro minuti con un crescendo di emozioni che lasciano l’ultima sensazione del nodo in gola, sciolto.
Dalla Spagna si è passati, rapidamente e con non poca difficoltà di messa a fuoco, alla Grecia, con Georgis Grigorakis e il suo lavoro 45 Degrees. L’ambientazione è Atene, durante il torrido caldo estivo e la tensione della crisi economica. Il protagonista è un padre taciturno, pensieroso, disperato, che senza l’aiuto del cognato non riesce a mettere nulla nel vuoto frigo di casa, dove giorno dopo giorno lo aspettano i suoi due figli e sua moglie. Una situazione pesante, che passa dalla poca aria che si ha l’impressione di respirare fino ad arrivare a rumori ritmici e penetranti, come quelli del ventilatore costantemente acceso o del gioco monotono del figlio con la palla contro il muro; o quello assordante del lavaggio automatico, che prende il sopravvento sul dialogo lasciando scoprire solo alla fine quello che si pianificava fare. La sopravvivenza porta ad avere bende strette a coprire gli occhi, e quando la benda cade sotto i colpi della disperazione, è già tardi per tornare indietro.
Elmar Imanov, nativo dell’Azerbaijan e trasferito in Germania, è l’autore dell’ultimo lavoro della sessione: Die Schaukel des Sargmachers (The Swing of the Coffin Marker), progetto di tesi del percorso accademico del regista. La mezz’ora di questa estrema storia si ambienta in una zona arida della sua terra d’origine: poca acqua, poche persone, tanto vento e distese di terra. Yagub è un falegname, costruisce per lo più delle bare di scarsa fattura e vive in mezzo al nulla con suo figlio Musa, un giovane o dallo sguardo tenero e dolce affetto da autismo. La vita in questo lembo di terra è dura, com’è duro l’atteggiamento di un padre burbero verso un figlio che sembra disprezzare. Una notizia del medico però, dopo le analisi del ragazzo, produce nell’uomo un cambiamento radicale che lo porta ad adottare atteggiamenti paterni, che anche il figlio, nella sua lontana mente, sembra sorpreso nel vederli e sentirli. Una metafora chiara come le ampie viste che circondano la casa, e insieme un senso di tristezza per la così poco piena prospettiva di vita che s’immagina per i due protagonisti.
La seconda tappa del festival ha visto, in serata, la caratteristica performance musicale dei TRINITÀ. La formazione che si è esibita al teatro Verdi è composta da Diego Bianchi: il percussionista e front man del gruppo, anche conosciuto come Zoro (l’attivo blogger sbarcato in tv con la Dandini e conduttore poi del programma Gazebo). In veste di chitarrista il noto cantautore Roberto Angelini, che nel 2003 raggiunse il successo commerciale con il singolo Gatto Matto e, a completare il trio, il trombettista Giovanni Di Cosimo: maestro, compositore e musicista jazz, autore di colonne sonore di corti e lungometraggi, tra i quali, per citarne uno, “Le fate ignoranti” di F. Ozpetek. Come si legge dalla loro pagina facebook, e come hanno modo di sottolineare spesso, “suonano un mix lento, veloce , improvvisato, soprattutto”. E nelle oltre 2 ore di spettacolo la sessione musicale si è alternata a letture e battute che hanno coinvolto il pubblico attivamente in quella che si definisce una performance partecipativa.
La giornata di oggi inizia alle ore 18:30 con i Segni (dibattiti). Dopo l’incontro di ieri, che aveva lo scopo di chiedersi se davvero il sistema capitalistico è la strada più intelligente da seguire (visti i drammi della crisi più lunga dopo quella del ’29), oggi tocca ai media: si mette sul tavolo quel paradosso tra il progresso tecnologico e l’impatto reale e di prospettive che questo apporta alla vita quotidiana. Se ne parla con Diego De Silvia (scrittore), Gian Arturo Ferrari (presidente del Centro per il libro e presidente di News 3.0) e Carlo Freccero (direttore rai4). Modera l’incontro Manuele Bonaccorsi (vicedirettore di Left).
Sarà poi la volta del terzo gruppo di cortometraggi in gara (ore 20:15) e a seguire il documentario “L’ultimo Pastore” (visione organizzata in collaborazione con Salerno Doc Festival). Si proietteranno le sei web series in concorso (ore 19:00), mentre alle ore 23 si esibirà, sempre al teatro Verdi, la SUPERBAND: Sergio Carnevale (BAUSTELLE – BLUVERTIGO), Roberto Dell’Era (AFTERHOURS), Federico Poggipollini (LITFIBA – LIGABUE), Megahertz (VERSUS), e le special guest Cristiano Godano (MARLENE KUNTZ) e Andy (BLUEVERTIGO). Apriranno il concerto i Monrows, band vincitrice del Linea d’Ombra – Live Music Contest 2013.