Giornata d’apertura, ieri, per Linea d’Ombra – Festival Culture Giovani, la consolidata rassegna di eventi legati alla creatività contemporanea e al crossmediale, diretta da Peppe D’Antonio e promossa dall’Associazione SalernoInFestival.
Sono 4 le macro sezioni previste in quest’edizione: Visioni, Azioni, Segni e Suoni. Rispettivamente cortometraggi europei e web series, arti performative, dibattiti e musica live.
Il tema portante del Festival, che fino all’8 Giugno vedrà protagonista il Teatro Verdi di Salerno, è “Smart Life – Vita intelligente?”. In questa diciottesima edizione la rassegna propone di interrogarsi sulle contraddizioni che scaturiscono dall’impatto della tecnologia nella vita quotidiana. L’apporto che l’avanzamento tecnologico “regala” allo stile di vita attuale è una semplificazione, una miglioria, un acceleramento (l’ennesimo), una mega-competenza. Eppure la situazione globale, l’economia, le prospettive di vita, dimostrano che quest’apporto è tanto reale quanto pericoloso. Sembra, infatti, che tutto descriva tranne che un disegno comune di ‘vita intelligente’.
La ricca giornata d’apertura ha visto la proiezione dei primi cinque cortometraggi in gara (21 i concorrenti totali) e le prime tre, delle 6 webseries italiane selezionate per il concorso. Gli audiovisivi saranno valutati da una giuria di appassionati, che decreterà i vincitori durante l’ultima giornata del Festival.
Elefante, del catalano Pablo Larcuen, apre la sezione CortoEuropa, è il più breve e visionario della giornata. Un uomo dalla vita monotona e triste si trova ad affrontare una rara malattia: sta diventando un elefante! Lo sventurato personaggio finisce per venir allontanato dalla famiglia a causa delle sembianze animalesche assunte. Una metamorfosi kafkiana inserita in un contesto contemporaneo in cui la morte lenta del protagonista viene sostituita da un’immagine uguale e opposta, in cui l’emarginazione viene in definitiva sancita dall’annullamento dell’individuo attraverso l’ausilio di sedativi. I pochi minuti scandiscono un surrealismo che provoca un ghigno frutto dell’ironico e l’emotivo.
A seguito, Fliehkraft (Escaping Gravity), corto del tedesco Benjamin Teske, che racconta un passaggio della storia di Leonie, un tormentato e giovane transessuale figlio di giostrai. L’ambientazione del decadente luna park, i colori desaturati, il tema affrontato da un’angolazione introspettiva e intima familiare, portano alla visione interessata degli oltre venti minuti di storia, che si conclude però scemandosi in attimi rapidi meno dettagliatamente curati.
The Girl with the Mechanical Maiden, dell’irlandese Andrew Legge, è un cortometraggio che ha spezzato il crescendo dei contenuti precedenti. Uno strambo inventore crea un robot per colmare l’assenza della moglie, morta subito dopo il parto. Ci si trova in un contesto zeppo di dettagli surreali e medievali, dove un essere meccanico allatta e cresce prima una visibile bambola cinematografica, e poi una bambina dai tipici tratti irlandesi. Una fiaba strampalata che termina dopo 28 minuti, lasciandoci con l’amaro in bocca.
Cavo d’oro, del greco Siamak Etemadi, è sicuramente il più silenzioso e introspettivo corto della sessione giornaliera. Un uomo greco, che vive accampato in riva al mare, una spiaggia rocciosa, una donna spagnola lasciata a riva dal suo uomo in gommone, e una barca abbandonata. Questi gli elementi, insieme a 28 minuti di silenzi, dettagli di corpi e ambienti, viste all’orizzonte. E il dramma causato dall’arrivo dell’imprevisto e della sconsiderata follia.
Full of Life è l’unico corto nazionale in gara, sintomo della difficoltà di produzioni italiane, e l’ultimo della sessione. Del neo-regista Vincenzo Mineo, la storia racconta di Maia, infermiera e badante di Franco, un anziano malato dal viso narrante, che le chiede di aiutarlo a morire. Le calde ambientazioni siciliane, la tanta sonorità di accenni di voci e accentuate cadenze, la bella fotografia, e il finale a sorpresa si contrappongono alla sensazione finale di insoddisfazione provocata forse dalla mancata riuscita dell’immersione nella storia.
Oltre alle Visioni, le Azioni hanno inaugurato con successo il ricorrente evento cittadino. Ospite d’eccezione Giobbe Covatta in “Quel che ho capito dei Monty Python”. Doveva essere un assaggio dell’omaggio al gruppo comico inglese, in occasione dei trent’anni dalla sua nascita. L’attore e comico italiano, però, ha impiantato l’intervento/intervista con la scioltezza di chi non aveva intenzione di parlar di questo, e usando come piccoli spunti i toni tematici dell’intervento. Aneddoti, Africa, Sociale, Letture e una ricca conversazione hanno fatto breccia nell’attenzione e nella voglia del pubblico di continuare la discussione proposta a quattr’occhi davanti una birra.
L’omaggio vero e proprio ai visionari comici inglesi sarà la maratona notturna prevista nella notte tra venerdì e sabato, al Cinema Teatro Augusteo, che vedrà la proiezione di nove ore di sketch e lungometraggi dei Monty Python.
Antonio Rezza, con il suo spettacolo PITECUS ha chiuso, infine, la giornata (e la serata) dai tratti ironico-impegnati. Saltellante, instancabile, interattivo e acuto, Rezza ha messo in scena uno dei suoi spettacoli che più lo caratterizza, e che lascia lo spettatore interdetto, soddisfatto e sorridente.