Secondo giorno del “Meeting del mare”, continua la musica delle band emergenti che hanno superato la selezione del Jam Camp, insieme ad altre giovanissime band come Flowers & Paraffin, Effetti collaterali, Vena, Basilinsky Roots, The Big Fever, Andes Empire, L’Erba Sotto L’Asfalto, Aeguana Way, Neurodeliri, Gnut, Cybercoma Djset. Chiudono la serata Le luci della centrale elettrica. ZerOttoNove incontra il vincitore del Premio della Critica del Jam Camp, Tartaglia & Aneuro.
Quando la musica è buona, tutto il contorno diventa un dettaglio, o meglio, il dettaglio perfetto. La forza del “Meeting del mare” infatti, è la scelta del luogo. Marina di Camerota è l’atmosfera ideale per portare i giovani a vivere pochi, ma intensi giorni di cultura musicale. Un piccolo paese che però contiene tante bellezze. Il mare, le grotte, il sole caldo, l’aria pulita, il verde, poco traffico. Ascoltare la musica, incontrarsi con gli amici, fare conoscenze nuove, dialogare: è meraviglioso farlo sulle rive del mare, respirando la salsedine. La musica poi, unisce e riunisce appassionati ed esperti, diventa l’occasione per portare a quell’aggregazione, sociale e non virtuale, di cui i giovani oggi hanno più bisogno di quanto si possa immaginare.
Sul palco tante le band che si esibiscono. Straordinari. Giovanissimi, ma dentro la musica, con il cuore e la mente. Infine Le luci della centrale elettrica, con un concerto piacevole, coinvolgente. Peccato per il temporale improvviso, che ha costretto molti a lasciare Marina di Camerota. Le parole di Vasco Brondi arrivano fino in fondo, perché sono forti e profonde, e la musica lascia spazio alla forza espressiva dei suoi pensieri e sensazioni. Accordi semplici, come più volte dicono, che vengono rimescolati tra loro, perché è nel testo il valore comunicativo, attraverso parole che sistemate in un certo modo e momento danno quel significato preciso.
In occasione del Jam Camp ZerOttoNove incontra Tartaglia & Aneuro, vincitore del Premio della Critica.
Perché la scelta di questo nome, Tartaglia & Aneuro?
Tartaglia sono io, è il mio cognome. Aneuro è un gioco di parole che significa: Sto da un’ora fuori dall’euro, senza un euro, nudo. Rispecchia la nostra natura: ci piace attendere, la follia della nostra composizione, senza soldi, nudi perché ci piace essere sinceri e spontanei.
A proposito della follia, tu nei testi che hai portato al Meeting parli molto della follia, in che senso però?
In senso politico e sociale. Questo perché, forse è scontato dirlo, ma la società e la psicologia additano delle etichette sociali. Infatti io mi sono formato un po’ sulla psicologia e l’anti-psicologia, che è un altro movimento, che argomenta la questione della verità, definendola un insieme di consensi. L’additare il pazzo, quando poi non è deleterio, è qualcosa di sbagliato, perché elimina quella diversità che potrebbe essere un potenziale per l’umanità e la società e portare all’evoluzione attraverso la mescolanza delle diversità.
T’interessa molto la diversità?
Sì, molto. La osservo particolarmente. Tutto si basa su una frase di Fellini, che dice: “Nuovi linguaggi implicano nuove visioni del mondo, e nutrono il mondo”.
Qual è secondo te la vera pazzia?
Per me è la politica. Questa è una pazzia deleteria che va bloccata, perché porta alla fine e alla distruzione per guadagnare soldi. Una volta accumulati soldi, si può essere felici momentaneamente, ma poi finisce tutto. Con i miei testi infatti, mi soffermo sulla realtà napoletana. Io vengo da Napoli. Napoli, un potenziale enorme, come tutta l’Italia, ma viene deturpato e distrutto. Non è valorizzato come dovrebbe. Questa è pazzia!. Bloccare lo sviluppo, eliminare le diversità, portare all’appiattimento. La felicità per noi, se pensiamo alla canzone So Vivo, è una mescolanza di creatività, stimoli e passioni. La mancanza di passioni porta alla depressione, perché la società tende a deprimerci reprimendo passioni e diversità. Il potenziale umano, come quello territoriale, non viene sfruttato, ma distrutto.
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Qual è la tua formazione musicale, cosa ti ha influenzato?
Io sono autodidatta. Alcuni dei miei compagni hanno una maggiore formazione, ma abbiamo tutti un approccio istintivo. Non rientriamo in un genere, ma cerchiamo la mescolanza. Quando cambiamo registro, nel momento in cui vogliamo dire qualcosa o portare a una sensazione, cerchiamo di passare da un genere a un altro. La nostra ricerca vuole portare a creare delle sensazioni, delle emozioni. Forse uno dei gruppi che più mi emoziona sono i Tool, molto diversi da noi, ma molto spirituali.
Il tuo corpo che ruolo ha sulla scena?
È fondamentale. La comunicazione passa soprattutto attraverso il movimento del corpo. Il mio rapporto con il corpo è fondamentale per me, per il mio benessere. Ricerco la padronanza del mio corpo, attraverso il teatro sperimentale. Per me è stato molto importante anche viaggiare. Mi ha molto formato il viaggio verso i comuni, dove la gente occidentale si è rifugiata per avere una vita da tribù, dove si lasciano influenzare dalla diversità culturale e antropologica. Vivono molto a contatto con la terra, meditano prima di mangiare, sono molto spirituali. Io sono andato a cercare questa realtà, perché ne sentivo il bisogno.
E quindi il tuo corpo rispetto alla musica?
È sicuramente l’apoteosi della mia espressione. Ho basato i miei studi su questo bisogno personale di ricerca del proprio corpo, della spiritualità ed è stato importante incontrare quelle persone che riescono a tramandare delle cose.
La tua esperienza del Meeting?
Un’esperienza bellissima. Siamo arrivati qui con lo sciopero dei treni, siamo arrivati a piedi, ci siamo divertiti molto. La giuria, i ragazzi dell’organizzazione, tutte persone stupende. Avere la possibilità di stare su questo palco, con tutto questo spazio per muovermi, è stato un’occasione importantissima.
La musica continua ancora. Nuove band emergenti; stasera la tappa tanto attesa dei Gogol Bordello.