“Un canto dedicato alla fragilità. Alla parte sensibile di ognuno di noi e alla sproporzione tra questo sentire e l’aggressività dei mondi che ci circondano..”, queste le parole con cui Pau ha presentato “Anima Lieve”
Una canzone delicata, “lieve” come il titolo che la descrive esteriormente e interiormente, ricca di spunti evocativi che accompagnano il viaggio quotidiano di quest’anima che si muove discreta e “leggera come neve”nel fragore del mondo.
“Cosa porti con te?” è la domanda che si reitera nelle due strofe del testo.
spine negli occhi e dadi truccati
per sopravvivere
in mezzo a specchi di lacrime e sale
Questa la prima risposta, che mi ha immediatamente trasportata in quel mare fatto di sale e lacrime, un mare identificabile con tutti i luoghi e le situazioni in cui le nostre anime sono costrette a nuotare per sopravvivere, un mare che spesso ci annebbia la vista e rischia di farci annegare nella sua falsità, nella lotta truccata per sentirsi accettati nonostante la timidezza, le barriere emotive, la sensibilità senza troppi filtri. Nessuno prova realmente a capirci, a indagare le verità taciute, e tutto rimane in superficie, in un mondo che vede ogni cosa senza guardare, che crede di sapere tutto ma non conosce nulla di ciò che conta realmente.
“Meglio così..” pronuncia Pau con un tono di rassegnazione, prima di cantare la seconda risposta:
valigie di sogni
e amori sbiaditi anche senza sole
senza più linfa da poter investire
in signor sì
stanotte è la notte via da qui
mentre fai le scale il cuore trema
è un brivido che taglia in due la schiena
Bagagli carichi di sogni spezzati, di speranze tradite, di amori falliti senza colpe. Nella notte dell’anima il cuore trema, il corpo si spezza, le fragilità si acuiscono, il mare in tempesta toglie la sua maschera di calma apparente, inghiottendoci nei suoi abissi costellati di complessa indifferenza. Ogni investimento emotivo viene reciso nelle sue stesse possibilità di realizzazione. Ogni mancanza si fa chiara e irrimediabile. In un universo così frivolo, dove la timidezza viene additata a sconfitta, la sincerità schiacciata sotto tonnellate di ipocrisia e la cattiveria trionfa indisturbata sulla sensibilità di pochi superstiti, come si può non sentirsi inadeguati? Come si fa a non sentire il peso dell’incomprensione?
Ed è proprio il senso di esclusione a rendere quest’anima “aliena”, obbligandola a brillare solo per se stessa in un mondo cieco, che non solo stenta a ri-conoscerla ed apprezzarla, ma cerca in ogni modo di eclissare quel bagliore con gratuita crudeltà. Che si tratti di un limite, una discriminante, un peso gravoso sul cuore, questo le anime buone lo sanno, ma continuano a “splendere” anche se “il mondo non le vede“. E la loro forza sta proprio in questo silenzio, in questa tenerezza senza ricompensa, in questa fragilità che mai si frantuma. L’essere buoni non è per tutti.