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La protesta di Enzo Avitabile che attraversa il mondo intero

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La protesta di Enzo Avitabile che attraversa il mondo intero

Puort’ aller è forse una delle canzoni più significative di Enzo Avitabile: tale brano, undicesima traccia dell’album Salvamm ‘o munno, è un grido sofferto di disperazione sulle condizioni di una parte della terra.

Il dove, il luogo “protagonista” dei versi di Avitabile non viene specificato e il titolo stesso del brano non fornisce indicazioni probanti: infatti, Puort’ Aller (cioè Porto Allegro) può alludere tanto a Napoli, che nonostante i molti problemi resta, per metafora, terra d’allegria, tanto, prendendo il testo alla lettera, alla cittadina di Porto Alegre in Brasile. Probabilmente l’ambiguità è voluta e a supporto di tale ipotesi, si può prendere in considerazione un’intervista concessa a L’Unità in cui l’artista dichiarò che “Il mio suono è per tutti i sud del mondo”.

Dunque si tratta di un malessere generalizzato, di una sofferenza che attraversa, indistintamente, il mondo e che non ha bisogno di un luogo specifico per essere rappresentata.

Enzo Avitabile, come sempre del resto, in questa canzone è accompagnato dal suono dei Bottari di Portico: gruppo di percussionisti che, come lascia presagire il nome stesso, suonano su botti e tini. Tale modo di suonare è antichissimo: risale al XIV secolo e al rituale della festa delle botti. La tradizione narra che i contadini per scacciare gli spiriti maligni dalle proprie cantine e, all’aperto, per propiziare un buon raccolto di canapa, percuotessero freneticamente tini, botti e falci, accompagnando il tutto con danze frenetiche. In questo modo la connotazione moderna della danza si trasforma e diventa evocazione di tradizioni remote, di un’epoca e di popoli che consideravano il ballo un rito sacro, capace di vincere le forze maligne.

Importantissima è, quindi, la parte che Avitabile riserva alla tradizione: “Tradizione contaminata da me che la inguaio” ebbe modo di dire, con una punta d’ironia, l’artista, “in realtà ho lavorato sempre per avere un mio linguaggio, un suono originale. La contaminazione quando è incrocio va bene, ma non deve essere una colonizzazione. Musicalmente rivisito gli strumenti del meridione, come la mandola e la chitarra battente, incrociando il mio suono con altri suoni del mondo che si sposano bene con le melodie mediterranee”.

Il ruolo della tradizione, nella musica di Enzo Avitabile, non si ferma al solo aspetto musicale ma si estende anche ai testi, in napoletano strettissimo, “perché ho voluto recuperare le radici della mia terra e la lingua che era stata relegata nello stereotipo: cerco di scrivere in un dialetto metropolitano contemporaneo uscendo dallo schema dei testi classici napoletani, che sono omologati e credo abbiamo fatto il loro percorso”. Nonostante tutte le difficoltà che vi possono essere nella comprensione del dialetto, i significati delle parole arrivano dritti al cuore e parlano di temi scottanti a livello mondiale.

L’intero brano corre su un sottofondo ritmico palpitante, piattaforma sulla quale s’innestano i contenuti melodici; ma la musica di Avitabile resta prevalentemente ritmica, un ritmo trascinante, evocativo, a tratti irriverente e scanzonato, a tratti malinconico e impegnato socialmente.