Oro nero e trivellazioni. All’incontro promosso dal Forum Giovani di Apice, i Comitati No Triv dichiarano: “La politica non dà risposte adeguate. Ora la situazione è diventata esplosiva”
[ads2] APICE (BN) – Un altro passo in avanti è stato compiuto. Un altro tassello alla grande opera di sensibilizzazione, iniziata già da tempo da comitati locali e associazioni ambientaliste, è stato aggiunto.
Il Forum dei Giovani di Apice è riuscito, grazie alla collaborazione del sindaco Ida Antonietta Albanese e della giunta comunale, a organizzare un incontro informativo su quelle che sono le insidie del fenomeno delle trivellazioni, molto sottovalutato, ma particolarmente pericoloso per le comunità e le economie locali. Ed è stato proprio il presidente del Forum, Emilio Perriello, a introdurre la serata, che si è svolta nel tardo pomeriggio di sabato 29 novembre all’interno del Centro Sociale di Apice.
Dopo aver sottolineato l’impegno del Forum, che grazie alle sue attività si propone di coinvolgere un numero sempre maggiore di ragazzi, Perriello ha ceduto il microfono al primo cittadino di Apice.
In una sala gremita di persone desiderose di capire quali saranno le sorti di quelle terre che coltivano da sempre e che ora rischiano di diventare un vero e proprio regalo per petrolieri senza scrupoli, il sindaco Albanese ha espresso il suo disappunto in merito alle attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi, e non ha escluso la possibilità di andare a protestare fino a Roma davanti ai palazzi che contano. Il primo cittadino ha poi stigmatizzato il decreto “Sblocca Italia” che, varato dal governo presieduto da Matteo Renzi e convertito in legge lo scorso 11 novembre, difatti dà manforte a quei progetti di trivellazione che a partire dal 2010 aleggiano come uno spauracchio sul territorio sannita e irpino.
“Il nostro Comune ha emesso lo scorso ottobre una delibera di giunta per manifestare assoluta contrarietà ai numerosi progetti di ricerca e di estrazione di idrocarburi”, ha spiegato il sindaco, che nei mesi scorsi ha chiesto l’intervento della Regione per impugnare lo “Sblocca Italia” presso la Corte Costituzionale. “Escludere le amministrazioni locali dall’iter di autorizzazioni alle trivellazioni – ha precisato Albanese – è incostituzionale in quanto si pone in contrasto con il principio di sussidiarietà regolato dall’articolo 118 della Costituzione”. Tale principio implica infatti la modernizzazione delle amministrazioni pubbliche, affinché quest’ultime consentano la partecipazione attiva dei cittadini alla vita collettiva e diano risposte più efficaci ai diritti delle persone. Al contrario l’articolo n. 38 della legge 133/2014 prevede, per la realizzazione delle attività di “prospezione, ricerca e coltivazioni” di idrocarburi “che rivestono carattere di interesse strategico e sono di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza”, l’esproprio forzato dei terreni privati a favore delle imprese petrolifere. E, come sottolineato più volte nel corso del dibattito, non sono previsti neppure compensi economici per gli Enti locali e per i cittadini dei terreni interessati dalle trivellazioni.
“Il timore più forte è quello relativo ai danni ambientali ed economici, essendo il Sannio un territorio caratterizzato da una vocazione agroalimentare e da sempre attento alla valorizzazione di colture di qualità che, a causa delle trivellazioni, rischiano di scomparire. Il programma di ricerca ed estrazione di idrocarburi contrasta fortemente anche con la nuova Politica Agricola Comune ”, ha precisato Angelo Giangregrio, presidente della Coldiretti e profondo conoscitore della economia apicese e sannita.
Gli interventi successivi hanno preso in esame i quattro progetti di trivellazione in terraferma che interessano la Campania. Vincenzo Portoghese e Riccardo Delli Veneri, entrambi esponenti del Comitato No Triv Sannio, hanno illustrato le conseguenze devastanti delle perforazioni, con un’attenzione particolare ai permessi che riguardano il Sannio e l’Irpinia: “Case Capozzi” (02/04/2012); “Pietra Spaccata” (28/02/2011); “Santa Croce” (16/12/2010); “Nusco” (21/10/2010).
Vincenzo Portoghese, geologo di professione, ha fornito agli astanti una spiegazione più scientifica dei processi di trivellazione. “Le tecniche di ricerca del petrolio comprendono uno studio dell’area, a cui seguono prospezioni geofisiche e quindi, in presenza di indicazioni positive, la perforazione di un primo pozzo esplorativo. In caso di successo vengono eseguiti altri pozzi di produzione”, ha chiarito Portoghese.
“Le prospezioni geofisiche – ha continuato il geologo – permettono di evidenziare le strutture geologiche sepolte e di individuare le zone potenzialmente ricche di idrocarburi sia liquidi che gassosi. Si generano delle onde capaci di attraversare la crosta terrestre fino a grandi profondità e si utilizzano specifici dispositivi vibranti montati su camion (Vibroseis), oppure cariche esplosive inserite in appositi fori nel terreno. In superficie vengono inseriti nel terreno dei rilevatori (geofoni) collegati in serie da cavi che segnalano l’arrivo di queste onde così generate. I segnali vengono registrati con apposite strumentazioni e successivamente i dati acquisiti vengono processati elaborati e il risultato è un’ecografia del sottosuolo”.
“Il rilevamento effettuato – ha spiegato Portoghese –unitamente al riprocessamento di tutti i dati acquisiti in precedenti indagini e studi, permette di ottimizzare la fase successiva, quella della perforazione (particolarmente onerosa) in punti precisi e con le più ampie probabilità di intercettare i giacimenti. Un pozzo esplorativo è sicuramente fortemente impattante con l’ambiente e presenta elevati rischi di contaminazione”.
“Le perforazioni avvengono con l’ausilio di fanghi di perforazione, costituiti da miscele di sostanze chimiche tossico-nocive, la cui composizione in molti casi non è nota a causa del segreto industriale che tutela le industrie del settore”.
Le sostanze chimiche, possono quindi andare a contaminare suoli e falde acquifere, con danni irreparabili per l’ambiente. “Altre fonti di rischio sono costituite dalla presenza di idrogeno solforato H2S, da metalli pesanti e dalla radioattività”, ha precisato Portoghese, il quale ha poi posto l’accento sui danni a carico della salute, che sono notevoli. “Nelle profondità del sottosuolo vi sono concentrate particelle radioattive naturali e metalli pesanti . Quando avviene la perforazione si liberano e risalgono andando a contaminare sia le strumentazioni di perforazione sia i reflui di produzione e quindi l’ambiente circostante. Sia l’EPA (l’ente americano di protezione ambientale) che la IAEA (l’agenzia mondiale delle energia atomica) hanno diramato specifiche raccomandazioni e avvertenze, ma in Italia non sono affatto considerate”.
Emblematico il caso di un’area al confine con Santa Croce del Sannio, dove, “da recenti monitoraggi eseguiti dall’ARPA Molise a Cercemaggiore, il livello di radioattività misurato è risultato maggiore di quello normale. Gli stessi tecnici dell’Arpa, hanno attribuito questa criticità alle attività petrolifere eseguite in passato a Santa Croce del Sannio – ha affermato lo studioso -. Il Sindaco di Cercemaggiore ha dovuto emettere specifica ordinanza di interdizione di una vasta area. Stessa situazione si è riscontrata nelle scorse settimane a Pisticci nel sito di smaltimento e trattamento di reflui provenienti dai campi petroliferi della Basilicata. C’è da chiedersi come mai l’Arpa Campania, invece ancora, non è intervenuta a Santa Croce del Sannio per eseguire specifiche analisi sia sui terreni che sulle acque!”.
“Per quanto mi riguarda credo che sia inutile e dannoso cercare risorse energetiche non rinnovabili. Lasciamo il petrolio a riposare tranquillamente nelle viscere della terra”, ha concluso Portoghese.
“In passato gli Enti hanno concesso permessi di ricerca e di estrazione senza tenere conto dei rischi per la salute dei cittadini”, ha incalzato subito dopo Riccardo Delli Veneri, il quale con spirito ribelle e anarchico ha sottolineato la necessità di organizzare una massiccia mobilitazione popolare.
Uno scenario preoccupante quello delineato dagli esperti, i quali, nel corso del dibattito, hanno messo in luce anche le contraddizioni della politica locale che troppe volte ha taciuto o ha fatto finta di indignarsi. E la politica, nella sala del Centro Sociale di Apice, era rappresentata da Giulia Abbate, consigliere regionale del Partito Democratico, che ha più volte rivendicato la sua posizione contraria all’estrazione di idrocarburi.
“Dopo aver concesso il Via ai vari permessi di ricerca, la Regione ha disatteso tutte le istanze provenienti dal territorio e riguardanti il rispetto delle norme di tutela e salvaguardia ambientale del patrimonio irpino”, ha esordito Carmine Cogliano, esponente del Comitato No Triv Irpinia. Cogliano ha poi sottolineato come il vuoto legislativo abbia consentito al progetto Gesualdo di seguire il suo iter. “Con lo Sblocca Italia e la campagna elettorale per le regionali, ecco che la Regione porta in consiglio un ordine un ordine del giorno con una richiesta di incostituzionalità della legge 133/2014.”, ha affermato Cogliano, che ha preteso risposte più chiare dalla politica. “Ad occuparsi delle trivellazioni sono società fantasma, artefici di un sistema di elusione fiscale che spiega gli interessi politici in ballo. Ora corriamo il rischio che l’Irpina e il Sannio si trasformino in una nuova Basilicata, la regione più povera d’Italia, secondo i dati Istat del 2010. Eppure in Basilicata si concentra uno dei giacimenti di petrolio più grande d’Europa”, ha affermato con forza Cogliano, che ha poi bacchettato il Pd chiedendo l’attuazione del Piano Territoriale Regionale e la convocazione di un Consiglio Regionale straordinario.
“Il Consiglio Regionale non serve a nulla”, ha risposto Giulia Abbate, mentre tentava di parare i colpi di quei “tre o quattro comitatini”, come li ha definiti il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Un’espressione, quella del premier, che sottintende un profondo disprezzo per i cittadini che si organizzano per la difesa del territorio, e che purtroppo non ha ottenuto la disapprovazione del Partito Democratico locale.
Le foto sono di Maria Zullo