Dall’Oriente all’Occidente il connubio disumano tra morte e lavoro. Purtroppo non c’è solo il karōshi a togliere la vita agli innocenti lavoratori
Karōshi (過労死) è un termine giapponese e significa “morte per eccesso di lavoro“. Una delle cause principali del karōshi è, infatti, l‘attacco cardiaco dovuto a sforzo e a stress.
Il primo caso di karōshi risale al 1969, quando un operaio giapponese di 29 anni morì nel suo reparto per eccesso di lavoro. Solo dal 1987, con l’aumento dell’interesse pubblico, il Ministero del Lavoro giapponese ha cominciato a pubblicare le statistiche sul karōshi. Il Giappone resta, ancora oggi, uno dei pochi paesi al mondo dove nelle statistiche dei decessi è presente la categoria “morte per eccesso di lavoro“. Non è però l’unico paese dove le morti per lavoro fanno riflettere; in Corea del Sud c’è il termine “gwarosa” (과로사) ed in Cina “guoloasi” (过劳死) ad indicare questo fenomeno.
In Giappone, prendendo spunto dalle morti per eccesso di lavoro, è stato inventato un gioco macabro, il Super karōshi dove l’obiettivo è il suicidio del protagonista!
Una band finlandese, inoltre, nel 2007 si dà il nome Karoshi Lovers perchè, secondo il trio, il termine giapponese “riassume il mondo occidentale che ci circonda“.
Assolutamente da non perdere è, invece, l’articolo di Misako Hida, giornalista freelance giapponese che ha vinto il primo premio del concorso giornalistico Media for Labour istituito dall’International Labour Organization, volto a diffondere la conoscenza degli standard internazionali del lavoro. Il suo servizio The Land of Karōshi analizza la questione del karojisatsu, letteralmente “suicidio dovuto all’eccesso di lavoro“, attraverso il racconto di tante storie; una fra tutte è quella di Yuji Uendan, 23enne giapponese che in preda a una forte depressione causata dall’eccesso di lavoro, si è tolto la vita nel 1993. Prima di morire all’interno della fabbrica era arrivato a lavorare per 15 ore consecutive senza un giorno libero. Quello che resta di lui è una lavagnetta con il suo ultimo messaggio: “Tutto il tempo che ho passato è stato sprecato“.
Questo accade in Oriente, mentre in Occidente i giornali si riempiono quotidianamente di notizie di suicidi per la mancanza di lavoro. La chiusura di aziende e la perdita di lavoro all’ordine del giorno in Italia induce sempre più persone a rinunciare alla vita.
Il Link Lab (Laboratorio di ricerca Socio Economica dell’Università degli studi Link Campus University) ha reso noti i dati recenti dei suicidi per motivi economici: 149 persone nel 2013, rispetto agli 89 casi del 2012. Quanti suicidi ci saranno fino a dicembre 2014? Tutto questo accade mentre lo Stato, promettendo miglioramenti, non sembra dare importanza a chi rinuncia alla speranza e alla vita perché non ha più un lavoro.
Se “il lavoro nobilita l’uomo“, come recita il famoso detto, la mancanza di lavoro o l’eccesso di lavoro lo privano della dignità, portandolo al gesto estremo della morte. Deve essere garantito un equilibrio tra lavoro e vita; il primo deve essere sempre e solo strumento vitale, non la causa principale di morte.