Chi schizofrenico, chi picchia la fidanzata, chi con problemi di socialità, chi con deficit di autostima. Personalità disturbate o depresse che hanno canalizzato il loro inquieto vivere nella “Jihad”. Si potrebbe parlare di Jihadpatia
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Quella che gli islamici, o comunque parte di essi, chiamano la guerra santa contro gli infedeli, oggi è pacificamente riconosciuta come la base ideologica per il terrorismo di matrice islamica.
Potremmo affermare che in realtà per molti di loro più che un vero “atto di fedeltà” verso una religione o un’ideologia in realtà è un disturbo della personalità. Questo trova il suo momento topico quando il disagio sociale e la rabbia si incontrano con l’estremismo islamico, mutando questi individui in carnefici nel nome di Allah. Osando si potrebbe parlare di Jihadpatia, una patologia moderna che colpisce questi disadattati, violenti che sfogano la loro insofferenza con il clamore di una strage terroristica.
L’Ecole Universitaire International è un istituto di ricerca e di formazione per gli operatori di pace, civili e militari, anche per conto delle Nazioni Unite. La direttrice, Sabrina Magris, psicologa investigativa, afferma: “Quasi tutti hanno problemi fin dall’adolescenza e sono piccoli delinquenti che hanno difficoltà a rapportarsi con i coetanei, e soprattutto con l’altro sesso”.
Mohammed Delel, rifugiato siriano, attentatore del festival musicale di Ansbach vicino Norimberga, soffriva di disturbi psichici: aveva tentato il suicidio due volte ed era stato ricoverato in un ospedale psichiatrico. Tra l’altro proprio per queste condizioni psichiche non gli era stata intimata l’espulsione.
Mohamed Merah, l’attentatore alla scuola ebraica di Tolosa del 2012, aveva tentato il suicidio mediante impiccagione nel 2008. Profilo introverso e con disturbi narcisistici. Finché viveva in Francia frequentava night e beveva alcolici, quando si recava in Pakistan (senza mai combattere) diventava un islamico puro.
Come Alì David Sonboly, il killer del centro commerciale di Monaco, di origini iraniane, non religioso, era oggetto di bullismo da quando aveva 12 anni. Sapeva tutto di Andres Breivik, l’uomo simpatizzante dei nazisti, che proprio 5 anni fa in Norvegia uccise 69 ragazzi.
Ecco. Ciò che si evince ulteriormente dal profilo di questi “lupi solitari”, così come definiti dalla propaganda dell’Isis, è che poi in realtà non sono dei militanti a tutti gli effetti. A volte completamente distanti dal professare la religione, dal frequentare una moschea, dalla lettura del corano, dal combattere.
Man Haron Monis, barricatosi in una cioccolateria australiana con 15 ostaggi a fine 2014, all’apparenza era un militante religioso. In realtà, dietro la figura di santone che si era costruito professando di tutto, dalla cartomanzia alla magia nera, si è scoperto che aveva 40 denunce per violenza sessuale ed un’accusa per l’omicidio della sua ex consorte. In tutto ciò ha trovato il tempo di finire in ospedale, nel 2010, dove gli hanno diagnosticato una schizofrenia cronica.
Omar Mateen, origini afghane, l’autore della strage del locale gay di Orlando, ha un profilo ancora più complesso. A 14 anni arrestato per bullismo, la ex consorte ha dichiarato che era mentalmente instabile, bipolare, che la picchiava e crede che forse Mateen era omosessuale. Lui, risposato con figlio, frequentava da 3 anni il locale gay della strage, i drag show, chattava su app gay e bisex. Il padre di Omar, molto rigido, esclude categoricamente che il figlio possa essere gay . All’indomani della strage però afferma, “Sarà Dio a punire coloro che sono coinvolti nell’omosessualità. Non spetta agli uomini farlo”.
Ecco elencati una seria di individui che poco avevano a che fare con la Jihad e forse molto con la Jihadpatia. Ci auguriamo che il servizio sanitario nazionale individui una rete di presidi con cui attivare la sorveglianza, monitorare i possibili casi, sviluppare azioni di prevenzione senza dimenticare il percorso diagnostico ed assistenziale. Il problema del terrorismo si combatte anche con queste armi.
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