25 giugno 2014
L’Italia saluta il Brasile dopo la sconfitta con l’Uruguay, nel dopo-partita arrivano le dimissioni di Prandelli e Abete. Decisioni shock per la FIGC
È finita l’avventura brasiliana, il fallimento azzurro è segnato dalla sconfitta nella partita decisiva con l’Uruguay, vittorioso grazie ad una rete di Godin all’80’. Dopo la disfatta con il Costa Rica, l’Italia esce tristemente al primo turno, come 4 anni fa in Sudafrica. Per ritrovare due eliminazioni consecutive alla prima fase, dobbiamo risalire agli anni Sessanta. L’Italia torna a casa mentre Prandelli ed Abete lasciano la Federazione, annunciando le loro dimissioni irrevocabili in conferenza stampa, un’ora dopo il match. E così un fortissimo scossone scuote il calcio italiano, già di per sè traballante e decadente. Analizzando la gara, vengono a galla le lacune tecniche, i limiti di squadra e le difficoltà del nostro sistema.
Per la sfida con l’Uruguay, Prandelli è ritornato alla difesa a tre del blocco Juve; saggia scelta dopo la debacle con la Costa Rica, incoerente però con la lunga fase pre-mondiale e con le scelte tattiche delle partite precedenti. La difesa ha retto, gol subito a parte, anche con un grande Buffon, limitando Cavani e Suarez; ha però penalizzato gli esterni, Darmian e De Sciglio, che hanno semplicemente svolto il compitino. Il centrocampo ha beneficiato dellla presenza di Verratti, praticamente perfetto nel primo tempo, uscito per infortunio nel secondo: ancora ci chiediamo il perchè della sua esclusione col Costa Rica; il talento abruzzese probabilmente è poco esaltato e sponsorizzato semplicemente perchè non gioca in Italia. Disastroso il duo di attacco Balotelli – Immobile. Irritante il primo, escluso al 46′ per paura di un secondo giallo, molle e impalpabile il secondo, a furor di popolo invocato come il nuovo Rossi o il nuovo Schillaci. L’Italia non ha mai calciato in porta controllando un match destinato allo 0-0. Fino a quando è rimasta in 10 per l’espulsione di Marchisio.
Calcio a parte, sport preferiti dagli italiani, si sà, oltre a salire sul carro dei vincitori e scenderne all’occorrenza è trovare un capro espiatorio. Il primo è l’arbitro Rodriguez che ha ingiustamente espulso Marchisio e non cacciato Suarez per un morso (ahimè) a Chiellini; ma non ha nemmeno decretato un limpido rigore all’Uruguay sullo 0-0. Il secondo è Prandelli che dal canto suo, ha sbagliato le scelte e ha puntato tutto sul pareggio a reti bianche, quando a metà partita ha tolto Balotelli per Parolo, con tre seconde punte in panca. Il terzo è Balotelli, panacea di tutti i mali di questa Nazionale.
La verità è che l’Italia non ha avuto una sua identità e soprattutto non ha un capitale umano tale da poter immaginare un cammino più lungo. L’Italia ha semplicemente giocato male, gettando la qualificazione con la Costa Rica. Un fallimento, come lo ha definito Buffon, che da capitano, ha attaccato in maniera un po’ vile i giovani, ovvero Balotelli. Le colpe, forse, sono di un sistema che non tutela la crescita e le responsabilità, che non crea una concreta progettualità. 50 anni fa, dopo la Corea, si decise di chiudere le frontiere.
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