Ieri pomeriggio presso la Provincia di Salerno si è svolta la Tavola Rotonda “Il futuro dell’industria nel salernitano”, alla quale ha presenziato il segretario nazionale della CGIL Maurizio Landini
Industria, futuro delle imprese, investimenti e crisi economica sono state le tematiche discusse ieri pomeriggio, durante la tavola rotonda indetta dalla CGIL di Salerno, presso la Provincia.
A presenziare all’incontro il segretario nazionale della CGIL Maurizio Landini, che aveva già preso parte all’assemblea pubblica tenutasi a Battipaglia, nella mattinata. Insieme a lui anche Arturo Sessa, segretario generale CGIL Salerno, Andrea Amendola, segretario CGIL Campania ed Andrea Prete, presidente di Confindustria Salerno.
“Il punto fondamentale che ha reso complicata la vita al Paese, compreso il Mezzogiorno, è l’assenza di investimenti pubblici e privati. Credo che sia questo il punto, non gli sgravi per le assunzioni: se il lavoro non c’è non assumi. ” dichiara Landini durante l’intervista. “Il lavoro manca, ma è necessario sviluppare le competenze. E non solo nell’industria. Quindi è necessario un piano per la ripresa degli investimenti”.
Assenza di politiche nazionali, crisi e mancanza di investimenti
Ciò che emerso dal dibattito, ma anche dalle singole dichiarazioni, è che in Italia vi è un’assenza di politiche nazionali che supportino le regioni per investire sulle proprie risorse: non ci sono aiuti concreti ma soluzioni tappabuchi come i finanziamenti, che non vengono neppure impiegati in modo adeguato.
Dati alla mano, così come riporta Arturo Sessa “tra il 2007 ed il 2014 la crisi economica ha pesato per ben 510 milioni di euro. Ha quindi avuto un’incidenza dell’1% sull’agricoltura e del 24% sul manifatturiero ed industriale in senso stretto. Inoltre ha causato la perdita di 27.000 posti di lavoro”.
Da qui si è anche parlato dell’alto tasso di disoccupazione giovanile, causato dal mancato turn over che determina un invecchiamento della forza lavoro.
Il sensibile miglioramento del PIL nazionale potrebbe far pensare che la fase di recessione sia terminata, ma qui le zone ASI (Aree di Sviluppo Industriale) come l’Agro o Battipaglia, non hanno un vero e proprio disegno di programmazione: possiedono ancora vecchi stabilimenti con una monoproduzione. Si dovrebbe, è vero, potenziare l’agroalimentare, ma anche investire su altri settori che potrebbero creare nuova ricchezza, come la tecnologia o il turismo.
Produttività e competitività
La situazione economica e lavorativa italiana è ormai cambiata, così diversi devono essere i provvedimenti politici presi per implementare i nuovi assetti anche perchè, messa a confronto con il resto d’Europa, l’Italia cresce poco in termini di produttività. Ciò la rende sicuramente meno competitiva.
Un importante accento è stato posto sulla questione della legalità delle azioni in tal senso, inteso come ricerca di un equilibrio fra le tasse (che sono altissime) ed un aumento del salario, in modo da riuscire a fronteggiare una concorrenza sempre più agguerrita.
Per incentivare la competitività e, di conseguenza, favorire l’esportazione, è necessario non chiudersi a riccio, ma aprirsi al Mercato Globale, elaborando soluzioni come l’ecosostenibilità dei prodotti o migliorie a livello qualitativo. E per fare ciò è necessaria una certa intelligenza organizzativa per saper implementare i servizi.
Una “cultura del lavoro”
A chiosa si può dire, parafrasando un’affermazione di Landini, che: “È necessaria una vera e propria cultura del lavoro, cercando di non imitare i modelli industriali di altri paesi, ma puntando su quanto il territorio ha da offrire”. Il che, sicuramente, non è poco.