Il David di Michelangelo, capolavoro immortale dell’arte italiana, utilizzato come “testimonial” di un’arma prodotta negli Stati Uniti d’America
Tale discutibilissima scelta è stata fatta, qualche giorno fa, dalla società statunitense Illinois ArmaLite che ha “utilizzato” la celeberrima statua di Michelangelo Buonarroti per lanciare sul mercato un fucile tattico dal costo di oltre 3 mila dollari.
L’immagine pubblicitaria in questione, è un fotomontaggio che vede l’immenso David imbracciare il nuovo fucile della ArmaLite con la dicitura “AR-50A1: a work of art”: sicuramente una trovata originale da parte della società a stelle e strisce anche se, a nostro avviso, piuttosto offensiva nei confronti del patrimonio d’arte italiana.
Immediate vi sono state reazioni sdegnate da parte di autorevoli personalità del mondo dell’arte come Cristina Acidini, Soprintendente del Polo Museale della città di Firenze; Angelo Tartuferi, Direttore della Galleria dell’Accademia di Firenze; Dario Franceschini, Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, che ha espresso il suo disgusto via Twitter per l’immagine del David a mano armata.
Il David, custodito dal 1873 nella Galleria dell’Accademia nella sua versione originale, è protetto da diritti e il suo utilizzo a scopo pubblicitario è subordinato, per legge, al rilascio di un permesso da parte dell’ente titolare, nel caso particolare lo Stato: un atto, quello dell’ArmaLite, non solo di gusto opinabile, ma, dunque, anche illecito.
Agli uffici della Sovrintendenza, infatti, non è mai arrivata alcuna richiesta ufficiale da parte dell’azienda americana.
L’arte italiana, quindi, oltre ad essere costantemente umiliata da parte dello Stato che, sistematicamente, ignora la cura dei nostri superbi capolavori artistici lasciandoli al proprio destino d’abbandono (ricordiamo i continui crolli che interessano, anche in questi giorni, Pompei oppure, solo qualche mese fa, l’antichissimo tempio dorico di Kaulon in Calabria), allo stato attuale delle cose, deve sorbirsi anche il cattivo gusto delle aziende straniere che non si fanno tanti scrupoli nell’accaparrarsi immagini straordinarie d’arte per piegarle ai propri, discutibili, fini pubblicitari.